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Ance: proposta estensione del 55% per l’antisismica

(Rinnovabili.it) – E’ stato presentato ieri il Primo Rapporto redatto in collaborazione tra Ance e Cresme “Lo stato del territorio italiano 2012 – Il rischio sismico e idrogeologico”, che ha messo in evidenza la drammatica situazione nella quale versa il territorio nazionale quasi la metà collocato in zone ad elevato rischio sismico.

 

LE DIMESIONI DELLA PERICOLOSITA’

Secondo il rapporto circa il 44% della superficie nazionale si trova in aree ad elevato rischio sismico, ciò significa che 21,8 mln di persone (un terzo della popolazione totale) e 5,5 mln di edifici sono collocati in un porzioni di territorio instabile spesso interessato da terremoti. Altrettanto allarmante è il rischio idrogeologico, che interessa il 10% del territorio nazionale, collocando 5,8 mln di cittadini e 1,2 mln di edifici in una posizione fortemente esposta a rischio. Tuttavia il vero problema non è legato ai problemi ambientali, ma allo stato di degrado in cui versa il patrimonio immobiliare italiano, costruito per oltre il 60% prima del 1971 e privo perciò dei moderni accorgimenti introdotti dalla normativa antisismica. Più volte nel corso dell’anno ed in seguito agli eventi catastrofici che hanno interessato diverse Regioni italiane, si è constatata la notevole vulnerabilità del comparto edilizio spesso in uno stato di conservazione mediocre se non pessima.

Per non parlare degli immobili che prima di altri dovrebbero garantire sicurezza e salute: ovvero scuole e ospedali. Su 64.800 edifici ad uso scolastico, il 60% risale a prima del 1971 ed addirittura un edifici su dieci è antecedente al 1919, il tutto tenendo conto che 24.000 scuole si trovano in aree ad elevato rischio sismico e circa 6.000 sorgono in zone sottoposte a problemi idrogeologici. Parlando di strutture ospedaliere la situazione non migliora: dei 5.700 ospedali, più di 1.800 si trovano in aree a rischio sismico e 547 sorgono invece in aree a forte rischio idrogeologico.

 

I COSTI DELLA MANCATA PREVISIONE

La stessa Associazione dei Costruttori si è spesso rivolta direttamente alle Autorità ministeriali per mettere in luce alcuni punti non trascurabili che interessano il patrimonio immobiliare italiano. Il problema più evidente sottolineato dal Rapporto Ance-Cresme è la mancanza di una seria politica di salvaguardia del territorio e dei cittadini, dovuto in parte all’abusivismo e dall’altra all’azione di certe amministrazioni locali che hanno visto nell’edilizia un modo per “far cassa”. Il principale nodo da sciogliere è ovviamente quello delle risorse, basti pensare che gli stanziamenti per il ministero dell’Ambiente finalizzati alla tutela del territorio sono diminuiti del 91% negli ultimi 5 anni.  Dati alla mano la situazione appare al quanto surreale dato che sino ad oggi il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all’anno.

Il Ministro dell’Ambiente ha sottolineato che per la messa in sicurezza del territorio servirebbero 1,2 mld di euro per 20 anni, fondi necessari a mettere in atto gli interventi previsti dai piani regionali per l’assetto idrogeologico, del valore di 40 miliardi di euro, mentre dei 2 miliardi di euro stanziati tre anni fa dal Cipe per la riduzione del rischio idrogeologico sono stati impegnati meno del 10% dei fondi.

 

LE PROPOSTE DI ANCE

Chiara la posizione di ANCE che ha proposto la possibilità di reperire i fondi necessaria recuperando una percentuale dell’Imu, attraverso l’efficientamento dei tributi incassati dai Consorzi di bionifica e il ricorso alla finanza di progetto. L’aspetto più importante messo in evidenza nel Rapporto è la necessità di porre maggiore attenzione nella scelta della destinazione dei fondi che, in un’ottica di sviluppo sostenibile dovrebbero essere impiegati per sostenere una politica di monitoraggio e manutenzione ordinaria e di prevenzione, anziché a danno avvenuto.

L’adeguamento sismico e l’efficientamento del patrimonio immobiliare italiano è indispensabile, partendo prima di tutto dai 20.000 edifici costruiti in zone ad alto rischio sismico. In questo caso putroppo il Rapporto ha evidenziato che le norme emanate per la messa in sicurezza degli edifici e per la costruzione di nuove strutture a basso consumo, “hanno interessato solo l’1% del parco edilizio, dimenticandosi quasi del restante 99%”. “Se oltre al miglioramento sismico si realizzasse anche la riqualificazione energetica, stimando un costo per unità di 50.000 euro, si raggiungerebbe un ammontare di circa 180 miliardi, pari a quasi il costo dei terremoti in 40 anni”, si legge nel Rapporto. In questo caso ANCE propone di inserire il costo degli interventi per la sicurezza sismica tra quelli incentivati dalla detrazione fiscale del 55%, oggi in vigore per il risparmio energetico, senza alcun limite massimo d’importo di spesa e valutandone l’eventuale estensione dopo un primo periodo di prova.

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