Riassumendo l'approccio del gruppo tecnico di esperti (TEG), la Commissione ha prodotto un documento ancora informale per una classificazione delle attività economiche sostenibili in grado di fornire a imprese e investitori una definizione chiara e univoca di quali siano le attività economiche che possono essere considerate efficaci nella lotta al climate change.
La Commissione Europea emana una nota informale sulla tassonomia delle finanze UE, il primo passo per una strategia di transizione energetica.
(Rinnovabili.it) – Fra gli aspetti più problematici degli obiettivi climatici c’è sicuramente la pianificazione di un processo di transizione energetica che sia sostenibile da un punto di vista economico e sociale. Con l’espressione “transizione energetica” si fa riferimento ad una serie di trasformazioni in grado di permettere il passaggio dall’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili a fonti rinnovabili, adottando su vasta scala tecniche di risparmio energetico.
Si tratta, in ultima istanza, di un profondo mutamento verso modelli economici sostenibili che mette a dura prova gli stati e le economie mondiali, nel tentativo di trovare una strada che sia efficace da un punto di vista climatico ma, allo stesso tempo, in grado di non produrre pericolosi sconvolgimenti. Per queste ragioni, non stupisce che proprio la definizione di un piano di transizione energetica delle attività economiche dell’Unione Europea sia la costante dei dibattiti sulle politiche di Bruxelles.
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Il primo passo, in questo senso, consiste nella stesura di quella che viene definita una “tassonomia delle finanze”, vale a dire una classificazione in grado di fornire a imprese e investitori (privati e non) una definizione chiara e univoca di quali siano le attività economiche che possono essere considerate ecosostenibili. Parliamo ovviamente di miliardi di euro di investimenti che, in quanto tali, sono la principale causa di grandi controversie tra Commissione Europea, Parlamento e Stati Membri.
Secondo le fonti di Euroactiv, la proposta della Commissione sulla tassonomia delle finanze arriva agli Stati membri attraverso un documento ancora informale che, riassumendo l’approccio proposto dal gruppo di esperti in materia (Technical expert group on sustainable finance, TEG), consisterebbe nella suddivisione delle attività economiche sostenibili in tre grandi macro-categorie: 1) attività a basse emissioni di carbonio, quelle che hanno basse emissioni di gas serra in senso assoluto; 2) attività di transizione, cioè quelle che hanno emissioni di gas a effetto serra significativamente inferiori rispetto alla media del settore ed evitano il blocco delle attività; 3) attività abilitanti, quelle che consentono la riduzione di gas a effetto serra in un altro settore.
Le attività a basse emissioni e le attività abilitanti sono quelle più semplici da definire e comprendere. Infatti, per quanto riguarda le attività a basse emissioni, per fare qualche esempio basti pensare all’uso di energia eolica e solare, alle attività di riforestazione, al trasporto a zero emissioni: tutte attività politicamente molto poco controverse. Per quanto concerne, invece, le attività abilitanti, un esempio può essere la produzione di turbine eoliche, perché pur non essendo un’attività in sé e per sé climaticamente neutrale (dato che il processo di produzione delle turbine genera emissioni), consente però sostanziali riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra nel settore della produzione di energia. Un altro esempio potrebbe essere la produzione e l’istallazione di caldaie per l’efficientamento energetico.
Più complesso e controverso, tuttavia, è il modo in cui la tassonomia delle finanze potrebbe considerare proprio le attività di transizione, vale a dire quelle che non sono sostenibili in quanto tali, ma che possono dare un contributo sostanziale all’azione per il clima perché emettono significativamente un numero minore di emissioni rispetto alla media di uno specifico settore. In questo caso, i veri protagonisti sono il gas e il nucleare, rispetto alla necessità di individuare il loro ruolo nel mix energetico europeo per favorire una trasformazione verso modelli economici più sostenibili.
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Secondo gli esperti del TEG, il cui parere verrebbe ripreso dalla nota della Commissione Europea, le centrali elettriche a gas non si qualificherebbero come attività di transizione, perché emettono più di 100 g di CO2 per kWh di elettricità prodotta, vale a dire la soglia definita dal gruppo di esperti per qualificare il “contributo sostanziale” alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Tuttavia, grandi aziende energetiche riconoscono proprio nel gas naturale una attività di transizione energetica, poiché il combustibile fossile aiuterebbe a ridurre le emissioni sostituendo il carbone nella produzione di elettricità, e passando così da 900 g CO2 / kWh a 400 g CO2 / kWh. In questo modo, dichiara il TEG, “una società di servizi potrebbe affermare che, passando dal carbone al gas nella sua produzione di elettricità, sta riducendo le sue emissioni di gas a effetto serra”, migliorando la sua azione per il clima. Secondo queste aziende, fornire le informazioni sulla riduzione di emissioni dovuta all’uso del gas sarebbe infatti utile per aiutare gli investitori a comprendere gli sforzi compiuti da tali società per la lotta ai cambiamenti climatici.
L’altro punto controverso, inoltre, deriverebbe dalla classificazione dell’energia nucleare come “energia verde” per la transizione energetica. In questo caso, Germania, Lussemburgo e Austria (sostenute dal Parlamento Europeo), si starebbero opponendo ai tentativi della Francia di ottenere il riconoscimento del nucleare come attività a basse emissioni di carbonio.
I negoziati sul progetto di tassonomia delle finanze, da cui dipende il piano di transizione energetica dell’Unione Europea, non saranno di certo semplici, come d’altro canto si evince dall’aver rimandato l’accordo finale tra Parlamento e Stati membri dal dicembre di quest’anno al 2020. Tuttavia, se le notizie sulla nota informale della Commissione dovessero risultare veritiere, questa avrebbe tuttavia un grande merito, specie per quanto concerne investimenti ed incentivi. Infatti, come sottolineato da Sébastien Godinot del WWF, “la nota chiarisce un punto essenziale, vale a dire che la categoria di attività di transizione non si applica a settori come l’energia eolica” che, invece, rientra fra le attività a basse emissioni.
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