L’uso di materie non rinnovabili continua ad aumentare e gli investimenti per le rinnovabili calano. La crisi ambientale si aggrava e a rischio ci sono centinaia di milioni di persone. All'economia verde serve ancora una spinta
(Rinnovabili.it) – Si chiudono oggi, mercoledì 6 novembre, gli Stati Generali della Green Economy, summit verde dedicato quest’anno a “Green New Deal e sfida climatica: obiettivi e percorso al 2030″. Purtroppo, come in realtà era facile aspettarsi, le conclusioni di questa ottava edizione sono tutt’altro che positive. La crisi climatica si sta aggravando e il pianeta, nonostante l’accordo di Parigi, sta marciando verso i 3°C di aumento della temperatura entro fine secolo: un livello di riscaldamento pericoloso e dalle conseguenze sconvolgenti i cui costi per il 75-80% saranno sopportati dai paesi in via di sviluppo. “Il tempo stringe – ha detto Edo Ronchi, del Consiglio Nazionale della Green Economy – dobbiamo aumentare il passo, insieme al gruppo dei paesi più responsabili, accelerando lo sviluppo di una green economy con emissioni nette azzerate al 2050. Il successo e la competitività della green economy carbon neutral spingerà anche i paesi riottosi e arretrati a inseguire e adeguarsi”.
A livello mondiale, i rischi del cambiamento climatico, che nel 2017 hanno causato 712 eventi meteorologici estremi con perdite economiche per 326 miliardi di dollari (quasi il triplo del 2016) pronosticano uno scenario futuro tutto fuorchè positivo. Circa 143 milioni di persone che oggi vivono nelle aree più povere del mondo potrebbero presto diventare nuovi migranti climatici; la desertificazione colpisce in 100 paesi circa 1 miliardo di persone; il 25% della popolazione mondiale rischia di non avere acqua a sufficienza e, entro il 2030, si prevedono ulteriori 250 mila morti l’anno per malnutrizione, malaria e ondate di calore.
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La Relazione 2019 ha illustrato anche alcuni trend internazionali della green economy, a cominciare da quelli in campo energetico. L’economia mondiale sta cambiando troppo lentamente: il consumo di energia è cresciuto del 2,9%, il massimo dal 2010, ed è stato soddisfatto per lo più dall’utilizzo di combustibili fossili: In particolare il consumo di petrolio è cresciuto dell’1,5% e quello di carbone dell’1,4%. Parallelamente, lo sviluppo delle fonti rinnovabili cresce troppo lentamente: nel 2018 hanno fornito solo il 26% dell’elettricità globale e soddisfatto solo il 10% della domanda di raffreddamento e riscaldamento, con investimenti più bassi rispetto al 2017 dell’11,5 punti percentuale.
Non solo: il consumo di materia rinnovabile e non rinnovabile continua a crescere. L’impatto dell’Asia sulle risorse materiali, in particolare, è aumentato dall’inizio degli anni 2000 a causa della rapida industrializzazione di Paesi come la Cina e l’India. L’estrazione complessiva di materia in Cina è cresciuta di oltre il 1.400% tra il 1970 e il 2017 (e corrisponde a un terzo dell’estrazione globale di materie prime). Una tendenza principalmente sostenuta dall’estrazione di metalli (+4.300%) e minerali (+3.800%). È tardi e c’è ancora moltissimo da fare: bisogna agire subito ed in modo deciso. “La felicità e la sostenibilità sono in sostanza la stessa cosa – ha detto il Direttore del Centro per lo Sviluppo Sostenibile della Columbia University Jeffrey Sachs – Per tenere fede all’accordo di Parigi sappiamo cosa fare, sappiamo dove andare. Dobbiamo decarbonizzare l’economia, dobbiamo produrre elettricità a basse emissioni e abbiamo le tecnologie. Ora – ha concluso Sachs – abbiamo bisogno di una road map, di un percorso comune”.
Gli Stati Generali della Green Economy sono promossi dal Consiglio Nazionale, composto da 66 organizzazioni di imprese della green economy in Italia, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, con il patrocinio del Ministero Sviluppo Economico e Commissione europea.