(Rinnovabili.it) – Tra pochi mesi entrerà in funzione il MAX IV di Lund, in Svezia. Il laboratorio nazionale che sigla la collaborazione tra il CNR di Stoccolma e l’Università di Lund è un particolare tipo di acceleratore di particelle, parente stretto del famoso LHC di Ginevra. La progettazione della complessa struttura è andata di pari passo con quella del paesaggio circostante, affidata a Snøhetta nel 2011. Che l’ha improntata al riuso. Il prestigioso studio di architettura è riuscito a individuare una complessa soluzione che lega i due problemi tecnici principali cui era chiamato a rispondere: ridurre le vibrazioni e ottimizzare la gestione delle acque. Senza tralasciare il mantenimento e il riutilizzo dell’area, durante e dopo il periodo di esercizio del MAX IV.
Partiamo dalle vibrazioni del terreno. Durante alcuni test, ricercatori e ingegneri dell’acceleratore si sono accorti che le vibrazioni provenienti dalla vicina autostrada rischiavano seriamente di interferire con i risultati degli esperimenti. La soluzione di Snøhetta è creare avvallamenti e cunette artificiali attorno alla struttura del laboratorio. Le variabili di cui tener conto erano molte: la posizione dell’autostrada, la direzione e la modalità di diffusione delle vibrazioni nel terreno, cosa sarebbe cambiato una volta costruiti gli altri edifici in progetto, nelle vicinanze dell’acceleratore. Lo studio si è affidato alla modellazione 3D e ha proposto un doppio sistema di spirali, basato su due tipi di onde con valori differenti.
Ma le variabili non finiscono qui. Infatti, il sistema di “ammortizzatori” è stato studiato anche per la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua piovana. Lo rende necessario una decisione dell’amministrazione di Lund, che ha tarato al ribasso la quantità di acqua resa disponibile per l’acceleratore. Infine, collinette e avvallamenti sono stati disegnati in modo da movimentare meno terra possibile. Non per ragioni di risparmio, ma per garantire la possibilità di restituire l’area al suo tradizionale uso agricolo al termine della durata di vita ed esercizio del MAX IV, prevista in 25 anni. Il nuovo paesaggio ondulato è stato quindi ricoperto di vegetazione locale, tratta da una vicina area naturale protetta. Il mantenimento dell’area è affidato, oltre che ai macchinari da giardinaggio tradizionali, a greggi di pecore.