Rinnovabili • Rinnovabili •

Sistemi di accumulo, batterie di flusso a base di colorante fluo

Il colorante organico BODIPY ha proprietà chimiche speciali che potrebbero facilitare lo stoccaggio energetico delle batterie di flusso

Sistemi di accumulo, batterie di flusso a base di colorante fluo

(Rinnovabili.it) – La nuova generazione delle batterie di flusso potrebbe presto superare il successo commerciale delle batterie al litio. A regalare una nuova chance a questo tipo di sistemi di accumulo è una ricerca dell’Università di Buffalo che ha indagato i cambiamenti in prestazioni e resa legati all’aggiunta di un nuovo componente nell’architettura “tradizionale” delle batterie redox. Nello specifico i ricercatori hanno identificato un colorante fluorescente – chiamato BODIPY (abbreviazione di boro-dipirrometene) come il materiale ideale per aumentarne l’efficienza.

 

Le batterie a flusso sono un tipo di batteria ricaricabile, in cui gli elettroliti vengono fatti fluire da due serbatoi attraverso una cella elettrochimica che converte l’energia chimica in energia elettrica. La caratteristica principale di questa tecnologia è l’indipendenza tra l’energia stoccata e la potenza erogata: l’energia immagazzinata dipende infatti dal volume e dalla concentrazione di elettrolita contenuto nei serbatoi; la potenza invece è funzione della superficie della membrana attraverso cui avviene lo scambio ionico e del sistema di conversione della potenza. L’efficacia di un batteria di flusso redox dipende dalle proprietà chimiche dei fluidi in ciascun serbatoio.

 

 

 

Secondo i ricercatori, BODIPY nasconde due proprietà chimiche insolite che lo rendono un candidato: la capacità di memorizzazione elettroni e di partecipare al loro trasferimento di elettroni. Negli esperimenti effettuati dal team, la batteria di test a base di colorante ha gestito in modo efficiente i cicli di carica e scarica per un centinaio di volte. Attraverso le prove di laboratorio, è stato calcolato un potenziale di cella teorica di 2.32 V con una tensione di scarica di lavoro di circa 1,6 V in una cella di prova statica.

Gli scienziati prevedono di riuscire a breve ad ottenere un prototipo che sia abbastanza potente da essere portato sul mercato. La ricerca è stata pubblicata il 16 novembre sulla rivista scientifica Chemsuschem.