Oltre 4 miliardi di persone soffrono di scarsità d'acqua per almeno un mese l’anno. Non basta farsi docce più brevi, il cambiamento dev’essere radicale
(Rinnovabili.it) – Più di 4 miliardi di persone vivono in condizioni di scarsità d’acqua per almeno un mese l’anno. La carenza di risorse idriche, secondo una nuova analisi dell’Università di Twente (Olanda) pubblicata sulla rivista Science, non solo è una delle sfide più pericolose che il mondo si trova ad affrontare, ma probabilmente è di gran lunga peggiore di quanto ci si aspettasse.
La nuova ricerca rivela anche che 500 milioni di persone vivono in luoghi dove il consumo annuo di acqua è doppio rispetto alla quantità che la pioggia riesce a reintegrare. Un fatto che sta rapidamente portando al degrado irreversibile delle falde acquifere, rendendo vulnerabili intere comunità.
Zone particolarmente a rischio sono India e Cina, ma non sfugge al pericolo nemmeno la parte centroccidentale degli Stati Uniti, l’Australia per fino la città di Londra. Vera e propria emergenza in Yemen, dove l’acqua potrebbe esaurirsi nel giro di pochi anni. Giorni contati anche per Pakistan, Iran, Messico e Arabia Saudita.
Questi problemi peggioreranno secondo i ricercatori. Non vi è speranza con simile un tasso di crescita della popolazione. L’utilizzo di acqua crescerà, spinto vertiginosamente dal consumo di carne.
Lo studio olandese è il primo lavoro ad esaminare la scarsità d’acqua globale su base mensile e ad una risoluzione inferiore ai 50 km. Sono stati analizzati i dati 1996-2005, in merito ai quali l’opinione degli esperti è inequivocabile: «La situazione idrica mondiale è molto peggiore di quanto suggerito dagli studi precedenti, che stimavano gli impatti della scarsità idrica tra gli 1,7 miliardi e i 3,1 miliardi di persone». Sarebbero invece ben 4 miliardi le persone che soffrono questo fenomeno per almeno un mese all’anno, mentre 1,8 devono fare i conti con la siccità per almeno sei mesi l’anno.
«Farsi una doccia più breve non è la risposta», ha chiarito il professor Arjen Hoekstra dell’Università di Twente, che ha guidato la ricerca. Il cambiamento dev’essere profondo e radicale, non basterà la tecnologia. Oppure, semplicemente, siamo destinati ad autodistruggerci.