(Rinnovabili.it) – Ieri il Parlamento Europeo ha approvato in seconda lettura la direttiva UE sui sacchetti di plastica. Secondo quanto è stato deliberato, che conferma la posizione già presa dal Consiglio europeo nel novembre scorso, gli Stati membri avranno la possibilità di fissare obiettivi progressivi per ridurre l’utilizzo di buste di plastica con uno spessore inferiore a 50 micron. Si tratta della maggior parte dei sacchetti in circolazione nell’Unione, poco resistenti e facili alla foratura. I consumatori le gettano via con troppa frequenza, e questo sta avendo ricadute catastrofiche sull’ambiente.
Ora la palla passa ai Ventotto, che dovranno scegliere una tra le due soluzioni proposte: introdurre una tassa sulle buste di plastica usa e getta entro la fine del 2018 (modificando una norma della Direttiva Imballaggi e consentendo restrizioni alla libera circolazione delle merci nell’Unione europea), oppure adottare misure che ne riducano l’utilizzo. Se sceglieranno la seconda opzione, i sacchetti pro capite inferiori a 50 micron dovranno essere ridotti a 90 l’anno entro la fine del 2019. Un nuovo obiettivo, a questo punto, si farà incontro ai governi che avranno scelto questa strada: abbassare a 40 il tetto annuo disponibile per ciascun individuo entro il 2025. Nel 2010 erano 176, e 8 miliardi quelli finiti in discarica.
Restano escluse dagli obblighi della direttiva le buste di plastica inferiori ai 15 micron. Un problema, secondo la deputata danese dei Verdi relatrice del testo, Margrete Auken. Infatti, il loro consumo è «molto elevato, e il problema dei rifiuti è particolarmente grave».
Sono detti sacchetti oxobiodegradabili, non conformi alla normativa UNI EN 13:432. Si tratta di prodotti ottenuti da plastiche convenzionali addizionate con speciali additivi di degradazione che ne garantiscono l’ossidazione sotto la luce o al calore. L’effetto finale è una frammentazione delle plastiche in pezzi più piccoli che rimangono nell’ambiente. Un aspetto controverso che ha rallentato l’intesa sulle nuove norme e portato, in ultima analisi ad eliminare il riferimento esplicito alla messa al bando per questa categoria di shopping bag.
Ecco perché, a detta dell’europarlamentare, la Commissione dovrebbe «valutare le conseguenze ambientali del ciclo di vita di questi sacchetti» e ridurne il consumo presentando una proposta legislativa, se del caso, entro 24 mesi.
Entro il 2017, la Commissione dovrà anche produrre misure di etichettatura e marcatura per il riconoscimento, in tutta l’UE, dei sacchetti di plastica biodegradabili e recuperabili mediante compostaggio. «Attualmente il termine ‘biodegradabile’ viene utilizzato per materiali con tassi di biodegradazione molto diversi, tanto da perdere ogni significato. L’adozione di una specifica etichettatura non solo chiarisce la situazione ponendo fine alle indicazioni fuorvianti, ma può anche contribuire a facilitare la raccolta differenziata dei rifiuti organici», ha aggiunto Auken.