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Riforma ETS: l’industria pesante prepara l’ultimo assalto

Riforma ETS: l’industria pesante prepara l’ultimo assalto

 

(Rinnovabili.it) – A pochi giorni dal voto sull’ETS, le grandi industrie tornano all’assalto del parlamento europeo. La riforma del mercato dei crediti di carbonio è già stata svuotata dall’interno, pezzo dopo pezzo, nel corso degli ultimi mesi, e non certo a vantaggio della tutela dell’ambiente e del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. Eppure, molte industrie – che pure hanno l’appoggio di diversi stati membri, tra cui l’Italia e il blocco dei paesi dell’Est – continuano a scalpitare.

Con una lettera recapitata ai deputati europei, il Consiglio europeo dell’industria chimica (CEFIC) denuncia ancora una volta la soluzione a diverse velocità proposta dalla riforma. Il nuovo ETS prevede una divisione delle industrie a forte intensità energetica in più fasce, ciascuna delle quali si vede assegnare un certo ammontare di quote gratuite. Il comparto chimico sostiene di essere discriminato, dal momento che ne riceve molte meno di altri settori. In buona sostanza, la richiesta è di tornare allo status quo, ovvero un mercato “drogato” dall’eccesso di quote gratuite. Che è proprio il motivo per cui la Corte di Giustizia europea nell’aprile 2015 lo aveva condannato, obbligando l’UE a rivedere il meccanismo.

 

Riforma ETS: l’industria pesante prepara l’ultimo assaltoChi, invece, pare essersi – per così dire – mosso per tempo, è il comparto del cemento. Insieme ad acciaio e carta, questo settore riceverà il 100% di quote gratuite. Una soluzione frutto di forti pressioni da parte della lobby del cemento, che il deputato dei Verdi Bas Eickhout ha denunciato di recente. “L’attività di lobbying è stata intensa, con rappresentanti del settore che contattavano i deputati su base quotidiana”. Secondo Eickhout, l’ammontare delle quote gratuite che saranno assegnate tra il 2021 e il 2030 si aggira intorno a 1 mld di euro. “Assumendo un prezzo del carbonio di 20 euro a tonnellata di CO2 – continua il deputato – l’esclusione del comparto cementizio sottrarrà 20 mld di euro che potrebbero impiegati per finanziare il raggiungimento degli obiettivi sul clima”.

Negli ultimi mesi è andato in scena un braccio di ferro tra i rappresentati delle grandi industrie europee, che non volevano essere penalizzate dalla riforma, e chi invece chiedeva che il nuovo sistema portasse a maggiori riduzioni delle emissioni di gas serra. In commissione Industria e Ambiente l’avevano spuntata gli inquinatori.

La proposta attuale infatti è già frutto di un compromesso – sebbene molto al ribasso – tra le esigenze di tutela ambientale e le industrie ad alto consumo energetico, che finora potevano contare su quote gratuite e un prezzo per unità bassissimo.

L’idea sarebbe, appunto, di cancellarne 1 miliardo, ritirandole ad un tasso del 2,4% annuo a partire dal 2021. Poi ci sarebbe la cancellazione di 800 milioni di permessi dalla Market Stability Reserve (MSR), contenitore per le quote in eccesso, per i primi 4 anni dall’entrata in vigore della riforma. Altri 200 milioni di permessi potrebbero essere cancellati qualora non venga superata una soglia indice della distribuzione di quote nei vari settori (CSCF, in italiano Fattore di correzione intersettoriale). Ma la riforma prevede anche clausole che permettono l’esclusione dall’accordo di molti settori, un punto che rischia di rendere inutile la riforma dell’ETS.

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