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Green New Deal: quali politiche per la casa?

Politiche per la casa
Credits: René Mürkens da Pixabay

Il direttore del Building Performance Institute indica i setti principi per delle politiche per la casa climaticamente neutrali.

 

(Rinnovabili.it) – Nella bozza da poco pubblicata del New Green Deal europeo, un importante ambito di profonde azioni trasformative immaginate dalla Commissione Europea è quello dell’edilizia, sia attraverso la costruzione e la ristrutturazione di edifici che rispondano ai principi dell’efficienza energetica, sia attraverso la promozione di una “ondata di rinnovamento” che parta da un esame del regolamento dei prodotti edilizi e di costruzione.

 

La questione delle abitazioni non è di semplice approccio. Proprio perché tocca una dimensione molto sostanziale della nostra quotidianità, parlare di politiche per la casa con un occhio di riguardo ai temi del cambiamento climatico non significa solo ridurre il 36% di emissioni di CO2 di cui il settore dell’edilizia è responsabile, ma farlo in modo da prendersi cura delle persone, dei loro bisogni e dei principi di giustizia sociale.

 

Oliver Rapf, direttore esecutivo del Buildings Performance Institute Europe (BPIE), sottolinea la grande opportunità che il Green New Deal offre all’Europa per ripensare radicalmente i principi di una società più giusta, soprattutto a partire dalle politiche per la casa. Le case, infatti, sono i luoghi in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo e per cui, laddove è possibile, spendiamo gran parte del nostro denaro: per chi se lo può permettere, infatti, l’acquisto di una casa è probabilmente il maggiore investimento di una vita.

 

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Per tali ragioni, il direttore del BPIE sottolinea come la progettazione e la pianificazione di edifici a zero emissioni richieda cambiamenti significativi nel modo in cui il mondo delle costruzioni fornisce servizi e soluzioni. Allo stesso tempo, e forse in modo ancora più radicale, occorrono nuovi meccanismi e logiche di investimento, nella consapevolezza che l’ambiente abitativo rappresenta l’infrastruttura prioritaria per un’Europa che si vuole climaticamente neutrale.

 

Rapf, dunque, indica i sette principi che, a suo parere, rappresentano i capisaldi di politiche per la casa attente alle questioni climatiche. Innanzitutto, il punto di partenza è quello di assicurare a tutti i cittadini il diritto ad edifici salubri e sostenibili. Il Green New Deal dovrebbe quindi riconoscere il diritto di vivere, lavorare, giocare e riposare in edifici altamente efficienti. Case umide e piene di spifferi, scuole e uffici senza garanzie di qualità dell’aria e ospedali senza una gestione della temperatura per tutte le stagioni devono diventare un ricordo del passato. È necessario un impegno per rinnovare almeno il 3% del patrimonio edilizio europeo all’anno e trasformare così il 97% di tutti gli edifici europei che attualmente non sono adatti per un futuro a zero emissioni.

 

In secondo luogo, per raggiungere quest’obiettivo, occorre assicurare una giusta transizione. La trasformazione del patrimonio edilizio deve essere un processo inclusivo, in grado di proteggere i diritti dei cittadini vulnerabili. I meccanismi sociali e i nuovi modelli di finanziamento devono garantire che le politiche di ristrutturazione non comportino che i locatari vengano esclusi dalla loro casa a causa di aumenti degli affitti o che i proprietari di case non possano permettersi i necessari miglioramenti. I modelli di rinnovamento equo non solo dovrebbero aumentare il valore sociale degli ambienti di vita, ma fornire anche nuove opportunità economiche per le regioni e le industrie che stanno attraversando una trasformazione strutturale, eliminano gradualmente le catene di valore ad alta intensità di carbonio.

 

Per fare questo, però, serve un terzo elemento: l’innovazione. Secondo Rapf, solo con una più rapida diffusione degli strumenti digitali e della produzione fuori sede, l’industria sarà in grado di offrire lavori qualificati fornendo soluzioni di rinnovamento veloci, efficaci e circolari. Un’iniziativa europea per aumentare le competenze, la produttività e l’innovazione nel settore dell’edilizia e delle costruzioni avrebbe dunque un grande potenziale economico.

 

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Ciò significa, quindi, che occorrerà investire, anche e soprattutto nella ristrutturazione, auspicando una triplicazione di ristrutturazioni energetiche efficienti entro i prossimi cinque anni. A questo proposito, secondo Rapf, le recenti iniziative della Banca europea per gli investimenti (BEI) offrono l’opportunità di stabilire nuovi standard sulla spesa di fondi pubblici e le entrate del sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS) potrebbero sostenere meccanismi di riduzione del rischio finanziario per favorire il rinnovo degli edifici.

 

L’investimento dovrebbe anche avere un occhio di riguardo per resilienza ed adattamento, e quindi per le infrastrutture come fognature, impianti di illuminazione pubblica, reti idriche. Non a caso, l’UE stima che i danni alle infrastrutture legati ai cambiamenti climatici potrebbero aumentare di ben dieci volte.

 

Tutto questo potrebbe trovare la sua sintesi in un sesto caposaldo, ovvero una pianificazione territoriale a zero emissioni, attraverso l’inclusione nel Green New Deal di un principio secondo cui tutti gli edifici nuovi o convertiti debbano essere climaticamente neutrali. Per fare questo, però, non bisogna solo guardare al prodotto finito (l’edificio) ma anche al processo di costruzione. Per questa ragione, bisognerebbe modificare i criteri dell’attuale procedimento di analisi costi-benefici, che rimanda ad una visione distorta delle politiche per la casa che non tiene conto dei numerosi benefici sociali della ristrutturazione e degli aggiornamenti edilizi rispetto alle nuove costruzioni. Questi benefici sono certamente difficili da misurare, ma il Green New Deal dovrebbe imporre un’evoluzione nella valutazione degli investimenti immobiliari verso una valutazione sistemica.

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