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Una piramide di bioarchitettura che combatte la desertificazione

Una maxi piramide di bioarchitettura combatterà la desertificazione con la permacoltura. La base quadrata ingloberà il sito archeologico di Cheope e Micerino.

Un piramide di bioarchitettura che combatte la desertificazione

 

(Rinnovabili.it) – Il progetto di bioarchitettura Bio-Pyramid: Reversing Desertification degli architetti statunitensi David Sepulveda, Wagdy Moussa, Ishaan Kumar, Wesley Townsend, Colin Joyce, Arianna Armelli, Salvador Juarez combatte la desertificazione con una maxi struttura piramidale che ingloba il sito archeologico di Cheope e Micerino.

 

Il grattacielo egiziano dalla base quadrata che si appoggia alle antiche piramidi conterrà un museo, un ateneo universitario, laboratori e numerosi spazi commerciali. La struttura sarà un grande giardino abitato da diverse specie di piante scelte per le loro qualità depuratrici che vuole migliorare le condizioni dell’acqua egiziana, che ogni anno peggiorano sensibilmente.

La condensazione dell’umidità interna sulle vetrate della piramide si incanalerà in delle apposite fessure che condurranno l’acqua pulita in canali di raccolta. Un calcolo degli architetti dimostra che ogni 40 piedi quadrati di superficie coperta di condensa si produce circa un gallone d’acqua e visto che la maxi piramide ha un involucro di 1 milione di piedi quadrati ogni giorno può produrre 32.000 galloni, che equivalgono a 121.133 litri d’acqua potabile, che potrebbero dissetare in modo sicuro circa 60.000 persone al giorno.

 

Le piante del grattacielo di bioarchitettura scelte per le qualità fitodepurative sono:

  • Ravenala del Madagascar, questo albero della famiglia dei banani riesce a contenere fino a due litri d’acqua nelle conche che si formano nelle nervature delle foglie nel punto in cui sono attaccate al tronco.
  • Echinocactus e Ferocactus produrranno latte potabile, circa un litro al giorno per ogni pianta.
  • Cespugli di bacche, saranno le piante più utilizzate per l’estrazione dell’acqua.

 

La scelta di questo concept è originata dal dramma della desertificazione del pianeta. I deserti coprono circa un terzo della Terra ed il Sahara ha una superficie di circa 9 milioni di chilometri quadrati, più o meno come gli Stati Uniti e ogni anno cresce di 12 milioni di ettari a causa del riscaldamento globale ed del degrado del suolo, ma gli architetti della biopiramide sono ottimisti e citano Geoff Lawton che disse: “Tutti i problemi del mondo si possono risolvere con un giardino.”

 

Con la permacoltura, la progettazione di spazi in grado di soddisfare i bisogni della popolazione come cibo, acqua ed energia, si può combattere in modo sostenibile la desertificazione. La struttura piramidale associata alla coltivazione è già stata proposta in altre strutture, questo progetto è il fratello gigante di una piramide “cattura condensa” simile ma molto più piccola, progettata dai ricercatori dell’Università di Gondar.

 

Un piramide di bioarchitettura che combatte la desertificazione