I ricercatori del Salk Institute for Biological Studies stanno sviluppando piante geneticamente modificate in grado di trattenere diossido di carbonio nelle radici anche dopo la decomposizione.
Chiave della ricerca, la suberina, un polimero presente naturalmente nelle piante che impedisce il passaggio di gas e liquidi
(Rinnovabili.it) – Un progetto di ricerca del Salk Institute for Biological Studies, in California, sta sviluppando vegetali geneticamente modificati che possano trattenere grandi quantità di CO2 nelle radici e mantenerle sottoterra anche dopo la decomposizione delle piante.
L’Harnessing Plants Initiative si sta concentrando sulle capacità di alcune particolari colture di produrre suberina, un polimero di carbonio simile alla plastica che si trova in natura: la suberina è una sostanza idrofoba e isolante che impedisce il passaggio di sostanze a gas all’interno del sistema vascolare delle piante. Si trova in grandi quantità nelle scorze dei meloni e nella buccia delle patate ed è una delle componenti essenziali che dona al sughero le sue caratteristiche di impermeabilità a gas e liquidi, di coibenza, elasticità e resistenza all’azione degli enzimi prodotti dai parassiti. Inoltre, la suberina resiste alla decomposizione, arricchisce di nutrienti il terreno e rende le piante resistenti allo stress.
I ricercatori californiani stanno studiando come indurre geneticamente alcune colture a produrre più suberina: i primi test sono stati condotti su campioni di Arabidopsis thaliana, detta comunemente arabetta comune, una pianta della famiglia delle Brassicacee particolarmente utilizzata in esperimenti scientifici per la caratteristica di produrre rapidamente sementi identiche a quelle modificate in laboratorio.
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Mentre le piante, generalmente, rilasciano grandi quantità di CO2 nell’atmosfera quando muoiono e si decompongono, in autunno, per poi riutilizzare il diossido di carbonio come alimento per la crescita in primavera, la super pianta in fase di sviluppo presso il Salk Institute sarebbe in grado di contenere la CO2 all’interno delle proprie radici, anche dopo la morte della stessa.
Secondo le stime dei ricercatori californiani, se la modifica genetica venisse applicate a colture di massa come grano, mais e soia, l’anidride carbonica stoccata nelle radici potrebbe ridurre di una percentuale tra il 20% e il 46% la quantità di CO2 nell’atmosfera contribuendo significativamente a contenere il riscaldamento globale.
Il Salk Institute inizierà le sperimentazioni sul finire del 2019 e punta ed estendere il progetto su larga scala entro un decennio. Nel frattempo, i ricercatori dell’Istituto californiano hanno contattato aziende produttrici di sementi per coordinare il futuro inserimento delle super piante nel mercato.
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