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PFAS in Veneto, Greenpeace: “Il disastro ambientale poteva essere fermato 10 anni fa”

Un report dell'associazione ambientalista punta il dito sugli amministratori locali che, secondo quanto emerso dal resoconto dei Carabinieri, avrebbero dovuto intervenire già nel 2009.

PFAS in Veneto
Credits: © Francesco Alesi / Greenpeace

La vicenda PFAS coinvolge circa 350 mila persone residenti nelle province di Vicenza, Padova e Verona

(Rinnovabili.it) – Le provincie di Vicenza, Padova e Verona avrebbero potuto fermare l’inquinamento da PFAS prodotto dall’impianto dell’azienda agricola Miteni già a metà degli anni 2000: a sostenere l’accusa è il rapporto Le verità sul caso PFAS: come la popolazione veneta è stata condannata ad anni di grave inquinamento pubblicato oggi da Greenpeace.

Il rapporto è stato stilato sulla base delle annotazioni del NOE (Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri) a margine del procedimento penale per accertare le responsabilità riguardo l’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) delle falde acquifere nelle province di Vicenza, Padova e Verona.

Secondo quanto riportato nel report di Greenpeace, tra il 2003 e il 2009, il progetto GIADA avrebbe segnalato notevoli incrementi di concentrazione di BTF (Benzotrifluoruri) nelle falde acquifere tra Trissino e Montecchio Maggiore. La provincia di Vicenza, quindi, avrebbe dovuto chiedere verifiche approfondite sullo stabilimento di Miteni, ma, secondo il NOE, tali atti non sarebbero mai stati formalmente inoltrati all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Veneto (ARPAV).

D’altra parte, tuttavia, la documentazione del NOE rivela che la stessa ARPAV avrebbe potuto far emergere l’inquinamento già nel 2006, quando tecnici dell’agenzia regionale intervennero presso la barriera idraulica istallata nel sito di Miteni. Anche in quell’occasione, però, non venne attivata nessuna iniziativa di bonifica.

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Il ruolo dell’ARPAV risulta essere tra i meno chiari nella vicenda: nel testo redatto dal NOE, gli stessi investigatori dei Carabinieri sottolineano la “volontà dei tecnici ARPAV di non voler far emergere tale situazione”.

Dal punto di vista di Greenpeace, lascia diversi dubbi anche la scelta della Procura di Vicenza di fissare al 2013 il termine ultimo di commissione dei reati: dalla relazione del NOE risulterebbe che i vertici di Miteni, IGIC e Mitsubishi Corporation potrebbero aver commesso reati almeno fino al 2016.

Quanto emerge dal documento del NOE è gravissimo ma non ci risultano ulteriori filoni di indagine aperti dalla Procura di Vicenza a carico degli enti pubblici coinvolti– ha dichiarato Giuseppe Ungherese, Responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – Ci auguriamo che la Procura agisca in fretta per definire un quadro chiaro ed esaustivo delle responsabilità e dei responsabili“.

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