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Sotto il tappeto dei Paesi ricchi nascosti miliardi per il carbone

La finanza pubblica a sostegno dell'industria del carbone mina la credibilità di quelle nazioni che si dicono pronte a lottare contro il climate change

Sotto il tappeto dei Paesi ricchi nascosti miliardi per il carbone

 

(Rinnovabili.it) – Tutti pronti a dichiarare guerra, a parole, contro il cambiamento climatico e magari a proporre progressive riduzioni dell’uso dei combustibili fossili all’interno dei propri confini nazionali, per poi continuare a foraggiare l’industria dell’energia sporca all’estero. Ad oggi infatti, miliardi di dollari di sostegno pubblico vengono indirizzati verso i combustibili fossili ed in particolar modo verso il carbone, per lo più sotto forma di sostegno all’esportazione, ma anche come aiuto allo sviluppo.

A guardare sotto il tappeto dei paesi sviluppati è ancora una volta il WWF che con il suo nuovo rapporto UNDER THE RUG. How Governments and International Institutions are hiding billions in support to the coal rivela come gran parte delle cifre spese per l’energia più inquinante siano ai più sconosciuti. Tra il 2007 e il 2014, più di 73 miliardi di dollari – o più di 9 miliardi l’anno – sono stati incanalati dalle economie ricche in progetti legati al carbone. Un finanziamento che è direttamente responsabile di un inquinamento pari a quello prodotto dall’Italia.

 

“Molti governi dei Paesi sviluppati che sostengono ambiziose azioni per il clima, finanziano contemporaneamente l’industria del carbone all’estero. Non possono fare entrambe le cose ed essere credibili”, ha dichiarato Samantha Smith, Leader della Iniziativa Globale su Clima ed Energia del WWF. “Per le nazioni ricche è tempo di investire i loro soldi in soluzioni, come le energie rinnovabili, piuttosto che utilizzare il denaro dei contribuenti per alimentare il cambiamento climatico”.

 

 

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Il Giappone è il Paese che maggiormente sostiene l’industria del carbone, con oltre 20 miliardi di dollari di finanziamenti. Il resto degli investimenti pubblici in carbone viene da istituzioni di finanza pubblica cinesi e russe (23 per cento) e da Banche Multilaterali di Sviluppo (22 per cento).

Nel club OCSE – le cui Agenzie di Credito all’Esportazione forniscono quasi la metà dei finanziamenti internazionali al carbone – Corea del Sud e Germania sono i principali Paesi ad investire in questa fonte fossile. E non è neppure una sorpresa che Giappone, Australia e Corea siano a capo del fronte di opposizione ai limiti per la finanza “sporca” nei colloqui climatici internazionali. Più incerta – si fa per dire – la posizione dell’Unione Europea, la cui divisone all’interno dei suoi stati membri ha fatto sì che ancora manchi una posizione comunitaria condivisa ed ufficiale.

 

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Il rapporto del WWF non si limita a fare i conti in tasca ai Paesi sviluppati, svelando quanti soldi effettivamente finiscano nelle tasche dell’industria fossile, ma mette anche un punto, una volta per tutte, alla nenia pronunciata dal settore fossile: che il finanziamento alle esportazioni di carbone sia necessario per combattere la povertà energetica delle comunità più indigenti. Un’affermazione più volte smentita n dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, ma ora riconfermata dagli autori dello studio che mostra chiaramente che i crediti per l’esportazione del carbone non siano andati ai Paesi a basso reddito, ma addirittura un quarto del totale è andato ai Paesi ad alto reddito.

 

“La COP 21 di Parigi è dietro l’angolo. Per i Paesi Europei e per le istituzioni che governano l’UE è giunto il momento di porre fine ai rinvii e dare un segnale chiaro di autorevolezza mondiale”, ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia. “L’impegno sul clima e quello a eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili devono immediatamente portare l’UE a chiedere all’OCSE la fine dei crediti all’esportazione per il carbone”.