(Rinnovabili.it) – L’indirizzo generale era chiaro da tempo. La scelta di un curatore come Aravena, impegnato nell’architettura post-disastro e il suo côte sociale, ha dato il basso continuo di questa Biennale 2016. E il tema portante che Aravena ha scelto di far risuonare nella manifestazione di Venezia, “Reporting from the Front”, approfondisce il filone dopo aver respirato l’aria di questo primo scorcio di secolo e averne assaggiato le sfide.
Poteva andare diversamente? Difficile crederlo. Nella più prestigiosa celebrazione dell’architettura globale, così come in ambiti apparentemente molto distanti, certe costanti non cambiano. Così, per fare un esempio, non appena Bergoglio ha preso il nome del poverello di Assisi, è stato chiaro a tutti che la sua attenzione sarebbe andata agli ultimi, ai poveri, all’insegna della sobrietà. Il parallelo forse suonerà audace, ma non è privo di suggestioni: Aravena prova a scuotere coscienze (e cancellerie di mezzo mondo) allo stesso modo in cui Papa Francesco getta nell’imbarazzo l’Europa volando a Lesbo per restituire dignità a qualche famiglia di migranti.
Allora non stupisce affatto che la giuria della Biennale 2016 abbia premiato il padiglione della Spagna, e abbia assegnato i Leoni d’oro e d’argento al Gabinete de Arquitectura di Solano Benìtez e a Kunlé Adeyemi. Il punto in comune, infatti, è l’uso dei materiali poveri, e la chiave di volta è una certa idea di uguaglianza – sociale, culturale, economica.
Il padiglione spagnolo si intitola “Unfinished” ed è curato da Inaqui Camicero e Carlos Quintans. “Non finiti” sono i progetti interrotti a causa della crisi economica, che stanno però fianco a fianco con esempi di riuso, efficaci interventi di reversibilità e di recupero, ad esempio quelli alla chiesa di Corbera d’Ebre e al convento di Santa Maria de los Reyes a Siviglia, entrambi con strutture leggere.
La giuria ha motivato il Leone d’oro perché Benìtez si è impegnato a “portare l’architettura anche a comunità che ne erano escluse”. Della sua installazione, l’architetto paraguaiano sottolinea che è nata “lavorando con due dei materiali più facilmente reperibili – mattoni e manodopera non qualificata – in modo tale da trasformare la scarsità in abbondanza”.
La stessa bussola guida Kunlé Adeyemi e le sue scuole flottanti Makoko, strutture galleggianti su barili di petrolio vuoti, interamente realizzate in legno e attrezzate con fotovoltaico e sistemi di stoccaggio dell’acqua piovana.