Altro che km 0: la Growing Underground coltiva 22 t di verdure l'anno nei vecchi rifugi antiaerei di Londra grazie a luci a LED e coltura idroponica. I prodotti sono venduti nella City anche a domicilio
(Rinnovabili.it) – Da rifugio anti-aereo a fattoria verticale urbana. È la scommessa di Growing Underground, la start-up inglese che ha preso molto sul serio il senso dell’etichetta “chilometro zero”. Qualche metro sotto l’asfalto di Clapham, semi-periferia sud di Londra dove per sopravvivere alle bombe di Hitler ci si nascondeva nei rifugi sotterranei, oggi abbandonati. Qui oggi si coltiva senza luce naturale e in poco spazio. E l’azienda riesce a vendere i suoi prodotti al mercato di New Covent Garden e pure a fare consegne a domicilio.
Quando si sente parlare di “Londra underground”, di certo questa fattoria verticale sotterranea non è la prima cosa che viene in mente. Steven Dring, co-fondatore di Growing Underground insieme al socio Richard Ballard, spiega che l’idea è nata in un pub. Discutevano delle sfide della sostenibilità e volevano provare la strada del vertical farming, ma gli affitti dei locali nella City erano troppo alti. Progetto accantonato, almeno finché Ballard – all’epoca studente di cinema – non si imbatte nei tunnel sotterranei mentre cercava l’ambientazione migliore per una scena da girare.
36 metri sotto terra ha trovato 6.000 mq di spazio utile per coltivare piselli, rucola, basilico rosso, ravanelli, erba cipollina, ma anche aglio, finocchio e coriandolo. Dopo essere germogliati in una parte umida del tunnel, lasciata buia, i piantini vengono collocati sotto i LED e cresciuti con tecnica idroponica.
Il progetto è economicamente sostenibile, spiegano i fondatori, solo grazie ai progressi nell’illuminazione a risparmio compiuti negli ultimi 5 anni. Inoltre, l’idroponico riesce a riciclare circa il 90% dell’acqua immessa nel sistema. La produzione attuale è di 60 kg di ortaggi al giorno, quasi 22 tonnellate l’anno.
Dal prossimo anno la Growing Underground produrrà anche insalata, meno redditizia. E gli obiettivi sono stendere un rapporto sull’impronta ecologica della vertical farm a breve e capire come abbatterla. Tra le proposte già allo studio, rimpiazzare i prodotti provenienti dalla filiera del petrolchimico, usati come nutrienti per l’idroponico, con qualche alternativa più naturale.