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Dalla filiera del riciclo 90.000 posti di lavoro al 2020

Conai presenta lo studio sul contributo della filiera del riciclo dei rifiuti urbani alla crescita del dato occupazionale

Dalla filiera del riciclo 90.000 posti di lavoro al 2020

 

(Rinnovabili.it) – Riuscire a raggiungere gli obiettivi UE sulla gestione dei rifiuti determinerà consistenti ricadute in termini di occupazione. In uno scenario “prudente”, i nuovi posti di lavoro della filiera del riciclo (parliamo di raccolta differenziata, trasporto, selezione e riciclo al netto dell’occupazione persa in altri settori, come per esempio le discariche) sarebbero circa 76.400 e gli addetti per le costruzioni di impianti (di selezione, compostaggio, riciclo intermedio e termovalorizzazione) circa 12.600, per un totale sull’intero territorio nazionale di circa 89.000 nuovi posti di lavoro. Degli effetti occupazionali della filiera del riciclo italiana si è discusso oggi a Rimini nell’ambito del convegno “Creare Occupazione Quali Garanzie?”. CONAI – Consorzio Nazionale Imballaggi, in collaborazione con Althesys ha presentato l’analisi sulle ricadute sia a livello lavorativo che al livello economico derivate dal raggiungimento degli obiettivi UE al 2020: portare il riciclo dei rifiuti urbani e domestici al 50%.

 

“Lo studio  – spiega la nota stampa del Conai – simula due possibili scenari, il primo definito teorico, poco realistico, che prevede il raggiungimento del 50% del riciclo dei rifiuti urbani nelle tre macro aree Nord, Centro e Sud, e il conseguente sostanziale superamento del ricorso alla discarica. Un secondo scenario, definito prudente, tiene conto delle differenti situazioni di partenza delle tre aree e valuta in modo più realistico le possibili evoluzioni; in tale quadro, è possibile ipotizzare un tasso medio nazionale di riciclo dei rifiuti urbani del 50%, con punte minime al 40% e punte massime al 61%. In questo scenario, la discarica si ridurrebbe di 4 milioni di tonnellate al 2020, ovvero del 20% rispetto al 2013 al Centro Sud e del 10% al Nord”.

 

In entrambi i casi gli effetti occupazionali sono in proporzione maggiori al Centro e al Sud, le aree dove ovviamente oggi c’è un maggiore ritardo nella gestione sostenibile di rifiuti.

Ben 6,2 miliardi di euro è invece il volume d’affari incrementale del comparto, facendo riferimento a raccolta differenziata, trasporto, selezione, produzione di semilavorati per il riciclo, compostaggio, termovalorizzazione, mentre gli investimenti in infrastrutture (impianti di selezione, produzione di semilavorati per il riciclo, compostaggio e termovalorizzazione), ammonterebbero a circa 1,7 miliardi.