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Fattorie verticali, la bioastronautica le rende più efficienti

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(Rinnovabili.it) – Cos’hanno in comune la Stazione Spaziale Internazionale e le fattorie verticali? A prima vista nulla. Eppure non sarà d’accordo chi studia bioastronautica, quella disciplina che analizza gli effetti biologici dei voli spaziali sugli organismi viventi. Perché al di là degli aspetti “avventurosi” del galleggiare in orbita per mesi e mesi attorno alla Terra, il primo imperativo per gli astronauti è vivere riducendo al minimo qualsiasi spreco. Come è facile immaginare, la tecnologia aerospaziale è assolutamente all’avanguardia da questo punto di vista. Ma perché quella tecnologia deve restare confinata allo spazio?

La domanda se l’è fatta – non poteva essere diversamente – un ex studente di bioastronautica dell’Università del Colorado. Dopo la laurea e diversi anni passati a lavorare per aziende aerospaziali in Colorado e California, Tommy Romano ha deciso di far fruttare le sue approfondite conoscenze nella progettazione di un “habitat” adatto all’uomo nello spazio applicandole all’agricoltura. E ha aperto la sua fattoria verticale a Lakewood, nel Colorado.

 

A questo punto la domanda diventa un’altra: che cosa hanno in comune gli astronauti e la rucola che Romano coltiva? È semplice al limite del banale: entrambi hanno bisogno delle stesse cose per vivere.

 

“Proprio come gli esseri umani, le piante hanno bisogno di nutrienti, vitamine, acqua alla temperatura giusta, e la luce del sole – spiega Romano – Io uso la mia conoscenza di ambienti controllati per mantenere costanti le condizioni ottimali per gli impianti. Ci assicuriamo che tutti i parametri rientrino negli intervalli corretti in modo che le piante possano crescere”

 

infinite-harvest2La sua azienda si chiama Infinite Harvest, letteralmente “raccolto infinito”, e sfrutta un approccio sistemico e tecnologie sviluppate personalmente da Romano invece di quelle disponibili normalmente sul mercato. Dal punto di vista dei metodi di coltivazione non ci sono cambiamenti di rilievo: come tante altre, anche questa fattoria verticale è idroponica. La novità sta nella riduzione degli sprechi, e di conseguenza nell’efficienza complessiva dell’impianti che comporta una riduzione del costo finale del prodotto.

 

“Proprio come nella Stazione Spaziale Internazionale – continua Romano – usiamo e il riutilizzo quante più cose possibile per minimizzare gli sprechi e aumentare l’efficienza per quanto riguarda energia e acqua. Impianti di riciclo e sistemi rigenerativi sono altamente integrati nel nostro progetto. Per esempio, il calore in eccesso di un componente del sistema, che andrebbe sprecato, può essere utilizzato per riscaldare qualcos’altro nella struttura, piuttosto che utilizzare una nuova caldaia apposta per creare calore in un altro ambiente. Tutto ciò abbassa l’energia necessaria e i rifiuti prodotti dal sistema nel suo complesso”

 

Infinite Harvest si sviluppa su una superficie di 500 metri quadri, dove 10 tecnici specializzati curano e fanno crescere circa 160mila piante sotto speciali luci a LED color porpora inventate da Romano. Che è passato dal guardare le stelle a fare affari con gli chef stellati: coltiva rucola, bietole, cavoli, basilico tailandese e genovese per ristoranti di alta gamma dell’area di Denver.

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