Un nuovo alleato nella ricerca sull’energia solare
(Rinnovabili.it) – E se la svolta tecnologica per sfruttare al meglio l’energia solare non venisse da preziosi complessi metallici ma da elementi comuni, economici e abbondanti? Va in questa direzione lo studio svolto da un gruppo di chimici dell’Università di Lund in Svezia, guidato dal professor Kenneth Wärnmark, a lavoro da anni nel campo dei catalizzatori.
La squadra era alla ricerca di un’alternativa pratica a elementi come il rutenio, l’osmio e l’iridio, componenti rari e costosi dei complessi metallici su cui si basa la tecnologia di alcuni fotocatalizzatori e di alcune celle solari. “I risultati del nostro lavoro – spiega Wärnmark – mostrano ora che usando una progettazione avanzata delle molecole, è possibile sostituire i metalli rari con il ferro, elemento comune nella crosta terrestre e quindi economico”.
In realtà, il potenziale di questo metallo nelle applicazioni legate all’energia solare è già stato dimostrato in studi precedenti; insieme ai colleghi, lo scienziato ha, tuttavia, creato la propria molecola a base di ferro, compiendo un ulteriore passo avanti: la molecola sintetizzata è in grado di catturare e utilizzare l’energia solare per un tempo sufficientemente lungo da farla reagire con un’altra molecola. Nel compiere questo lavoro, emette una luce che può essere osservata anche a occhio nudo.
Nello specifico, per la prima volta, il complesso a base di ferro e fenile (tris (3-metilimidazolo-1-ilidene)) borato ha mostrato una forte fotoluminescenza, visibile a temperatura ambiente, con una durata di vita di circa 2 nanosecondi.
“Il buon risultato dipende dal fatto che abbiamo ottimizzato la struttura molecolare attorno all’atomo di ferro”, spiega il collega Petter Persson, secondo cui la molecola di ferro in questione potrebbe essere utilizzata in nuovi tipi di fotocatalizzatori per la produzione di combustibile solare, sia idrogeno attraverso la scissione dell’acqua o metanolo dall’anidride carbonica. Inoltre, i nuovi risultati aprono altre potenziali aree di applicazione per questi complessi, ad esempio nel campo dei diodi luminosi (LED).
Ciò che ha sorpreso i ricercatori della Lund è l’essere arrivati a buoni risultati così in fretta: in poco più di cinque anni, sono riusciti a rendere il ferro interessante per le applicazioni fotochimiche, con proprietà buone quasi quanto quelle dei migliori metalli nobili. “Eravamo convinti – afferma Wärnmark – che ci sarebbero voluti almeno dieci anni”.
>>Leggi anche Produrre idrogeno con il sole, la via green senza cadmio e platino<<