(Rinnovabili.it) – Benefici, sfide e buone pratiche. Su questi tre elementi si muove l’analisi dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) dedicata all’economia circolare. Il rapporto richiama l’attenzione sui progressi compiuti dai Ventotto nel processo di transizione dalla tradizionale linear economy alla tanto agognata circular economy: attraverso l’impiego di diversi metodi di misura per segnare i miglioramenti compiuti, quello che le pagine della relazione ci restituiscono è un quadro complesso e in divenire. Il report parte da un dato di fatto: adottare un’economia circolare in Europa permetterebbe di ridurre gli sprechi e la forte dipendenza del continente dall’importazione delle materie prime. Ma, mentre l’ordine di grandezza dei benefici ambientali, socio-economici e di quelli legati alle risorse è ragionevolmente affidabile, i numeri esatti derivati dai vari studi effettuati sino ad oggi devono essere trattati con una certa cautela, proprio a causa degli attuali limiti metodologici.
Sfide e benefici dell’economia circolare
Come in tutti i processi di transizione spiega l’Agenzia, i benefici non saranno uniformemente distribuiti: alcuni settori industriali, aziende, regioni o gruppi sociali rischiano di registrare delle perdite nel processo, mentre altri otterranno subito dei vantaggi. Ad esempio, molti lavori nelle industrie produttrici di materiali vergini o di beni di consumo di bassa qualità, spesso al di fuori dell’Europa, potrebbero andare perduti attraverso tali strategie. Per questo l’AEA suggerisce di studiare politiche ad hoc per gestire gli effetti negativi qualora si presentino.
Ma ottenere dei benefici dipenderà anche da quanto bene e rapidamente potranno essere implementate e sviluppate le necessari competenze e l’educazione alle nozioni base dell’economia circolare. Tra i primi traguardi raggiungibili c’è sicuramente una maggiore autosufficienza relativamente alle materie prime: già oggi il consumo di una quota compresa tra il 6 e il 12% di materia – combustibili fossili compresi – è attualmente evitata grazie a riciclo e riuso, e ad un attenta progettazione. Percentuali che possono arrivare con i giusti sforzi fino al 10-17%, dando un taglio di quasi un un quarto all’import di materie prime entro il 2030.
La strategia dell’Unione Europea
Ricordiamo che la Commissione europea, a fine dicembre 2015, ha adottato un nuovo e ambizioso pacchetto di misure sull’economia circolare finalizzato ad aiutare le imprese e i consumatori europei a effettuare la sopracitata transizione. Il pacchetto propone tra le altre cose:
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finanziamenti per oltre 650 milioni di euro provenienti da Orizzonte 2020 e per 5,5 miliardi di euro dai fondi strutturali;
- azioni per ridurre i rifiuti alimentari, compresa una metodologia comune di misurazione, una migliore indicazione della data di consumo, e strumenti per raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile globale di ridurre della metà i rifiuti alimentari entro il 2030.
- lo sviluppo di norme di qualità per le materie prime secondarie al fine di aumentare la fiducia degli operatori nel mercato unico;
- misure nell’ambito del piano di lavoro 2015-2017 sulla progettazione ecocompatibile per promuovere la riparabilità, longevità e riciclabilità dei prodotti, oltre che l’efficienza energetica;
- la revisione del regolamento relativo ai concimi, per agevolare il riconoscimento dei concimi organici e di quelli ricavati dai rifiuti nel mercato unico e sostenere il ruolo dei bionutrienti;
- una strategia per le materie plastiche nell’economia circolare, che affronta questioni legate a riciclabilità, biodegradabilità, presenza di sostanze pericolose nelle materie plastiche e, nell’ambito degli obiettivi di sviluppo sostenibile, l’obiettivo di ridurre in modo significativo i rifiuti marini;
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una serie di azioni in materia di riutilizzo delle acque, tra cui una proposta legislativa sulle prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque reflue.