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EcoBioCap, quando la bioplastica viene dalle acque reflue dei frantoi

EcoBioCap, quando la bioplastica viene dalle acque reflue dei frantoi

 

(Rinnovabili.it) – Ogni anno quasi 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica confluiscono nell’oceano. Tappi di bottiglia, spazzolini da denti, piccoli frammenti polimerici, filamenti, pellicole e resine galleggiano nell’acqua formando in alcuni casi gigantesche isole di spazzatura. Tra i tanti progetti che stanno tentando di risolvere il problema dei rifiuti plastici a monte c’è anche EcoBioCap. Coinvolgendo 16 partner di 8 paesi europei, EcoBioCap ha lavorato per 5 anni di fila su un unico obiettivo: realizzare materiali per il packaging alimentare sfruttando gli scarti stessi di questo settore.

Sono nate così nuove bioplastiche sostenibili e funzionali. In realtà il progetto si focalizzava sullo sviluppo di una nuova generazione di sistemi di confezionamento che fossero economici e sicuri allo stesso tempo. I materiali di partenza per questi nuovi sistemi di imballaggio sono sottoprodotti dell’industria alimentare come fibre, proteine, polifenoli e altre sostanze naturali, residui della produzione dell’olio di oliva, latticini, cereali, e birra.

 

A partire da questi rifiuti sono stati ottenuti tramite fermentazione alcuni poliesteri chiamati Poliidrossialcanoati (PHA): in condizioni particolari di coltura microbica, quale la carenza di qualche nutriente come azoto, fosforo e zolfo, questi polimeri si accumulano nei batteri sotto forma di granuli microscopici attraverso la fermentazione di zuccheri o lipidi. Ancora costosi da produrre i PHA sono stati usati dai ricercatori solo per gli stati esterni del packaging dal momento che mostrano una buona resistenza ad acqua e UV. I materiali compositi sono stati poi termoformati in una sorta di guscio che può essere utilizzato per la conservazione di verdura, frutta e formaggio. “La combinazione di PHA e agenti di riempimento non solo riduce il costo del bio-composito risultante del 30%,” spiega il Prof. Nathalie Gontard, dell’Institut National de la Recherche Agronomique (INRA) in Francia, “Si aggiunge anche la permeabilità ai gas e all’acqua, elementi fondamentali per questo tipo di soluzione di imballaggio per alimenti freschi”.

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