La Conferenza Unificata chiede al Governo maggior tempo per l’adeguamento normativo e dividere i fondi derivanti dalle sanzioni tra comuni e agenzie di protezione ambientale
(Rinnovabili.it) – All’inizio del 2016, la Commissione Europea è tornata a tirare le orecchie all’Italia per la mancata adozione di tutte le misure necessarie previste dalle norme UE anti-rumore ambientale. Un problema dovuto, in parte, al puzzle di regolamenti territoriali. Per risolvere questo gap, è stato redatto il primo decreto legislativo di armonizzazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico. Il provvedimento ora all’esame del Parlamento, ha ricevuto il via libera dalla Conferenza Unificata poco prima di Natale. L’approvazione da parte delle Regioni e Provincie Autonome, è tuttavia vincolata all’accettazione di alcuni emendamenti che la Conferenza pubblica oggi sul proprio sito web.
Il decreto nasce con l’obiettivo di risolvere in modo definitivo alcune criticità, soprattutto in materia di applicazione dei valori limite e di azioni mirate alle autorizzazioni all’esercizio di sorgenti sonore, quali le infrastrutture dei trasporti e le attività produttive, oltre che la mitigazione dell’inquinamento acustico e la salvaguardia delle popolazioni e degli ecosistemi. E per la prima volta regolamenta attività fino a ieri escluse quali gli impianti eolici, le aviosuperfici, le elisuperfici, le idrosuperfici, le attività e discipline sportive e le attività di autodromi e piste motoristiche.
In questo contesto le Regioni hanno messo alcuni punti sulle “i”, chiedendo al governo innanzitutto più tempo per elaborare e trasmettere i piani di azione. L’attuale legge aveva imposto come data ultima il 18 luglio 2013, posticipata 31 marzo 2017 dall’attuale testo e che diventa, nell’emendamento approvato in CU, 30 giugno 2017. La motivazione? “La tempistica introdotta dal MATTM non consentirebbe, né nella fase transitoria né a regime, di ottemperare nei termini, tenuto conto degli aspetti tecnici istruttori e burocratici, oltreché degli impegni già assunti dalle autorità competenti, esponendo le Amministrazioni a rischi di ricorso”.
Altro aspetto importante, le Regioni chiedono che il 70 per cento delle somme derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative sia non solo ai comuni per il finanziamento dei piani di risanamento ma anche alle agenzie regionali/provinciali di protezione dell’ambiente per l’attuazione dei controlli di competenza. Ciò anche per sostenere i controlli che ARPA dovrà fare nel campo dell’acustica ambientale.