(Rinnovabili.it) – Un emendamento alla Legge di Stabilità 2015 riporta il degrado urbano al centro dell’attenzione con il nuovo “Piano nazionale per la rigenerazione e riqualificazione delle aree urbane degradate”, un investimento da 200 mln di euro in tre anni.
Nonostante i buoni presupposti qualche dubbio si è sollevato dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.
“L’emendamento del Governo alla Legge di Stabilità e Sviluppo che predispone un Piano nazionale per la rigenerazione e riqualificazione delle aree urbane degradate, con un investimento di 50 milioni per il 2015 e altri 150 per il 2016 e il 2017, sembrerebbe finalmente dare l’avvio ad una seria politica di sviluppo delle città e rigenerazione delle periferie se, ancora una volta, non si volesse poi attuarla con i metodi bizantini propri della vecchia politica italiana. Il Piano nazionale sostituisce, infatti, il Piano Città del 2012, i cui limiti di visione e di organizzazione ne hanno decretato il sostanziale fallimento, riproducendone la carenza di progetto e un’assurda burocrazia nel processo di attuazione”.
Secondo il Consiglio Nazionale degli architetti il limite dell’emendamento è ancora una volta la mancanza di una visione chiara, lasciando invece il posto a parametri di selezione dei progetti e obiettivi troppo generici che poco hanno a che fare con lo sviluppo urbano sostenibile.
I Comuni interessati a partecipare avranno tempo fino al 30 settembre 2015 per presentare i propri progetti di riqualificazione e rigenerazione legati al degrado urbano che saranno valutati da un “Nucleo Tecnico”, secondo il CNAPPC troppo numeroso, rischiando di ripetere l’errore commesso con il Comitato per le politiche urbane.
“In tutta Europa, invece – continua il Consiglio degli Architetti – i Piani di rigenerazione urbana partono da una strategia precisa e condivisa, da cui discendono i principi di selezione per gli investimenti statali, gestiti da un Nucleo o Agenzia agile, nella quale un rappresentante del Governo rappresenta tutti i Ministeri, uno le Regioni e uno i Comuni, affiancati da un gruppo ristretto di advisor (esperti di architettura e pianificazione, finanza di progetto, sociologia) che hanno l’esperienza e il curriculum adatti per aiutare nella selezione delle priorità”.
L’emendamento andrebbe ad abrogare il Piano Città del 2012, “fallito esattamente perché non era chiara la strategia, e di conseguenza i criteri di selezione; il CEPU era troppo numeroso e composto solo di funzionari ministeriali; i progetti vecchi o allestiti senza soldi in poche settimane; i procedimenti burocratici faticosi. Così come progettato il Piano del Governo subirà la stessa sorte”.
Al Governo gli architetti chiedono di “di rimettere mano all’emendamento” evitando di perdere un’occasione per avviare un’agenda urbana efficace.
“Serve allora stabilire, in tre mesi, quale sia la strategia complessiva da attuare nell’arco di dieci anni, mettendo attorno al tavolo alcune grandi intelligenze dell’Italia che si occupano di periferie, come ad esempio il senatore a vita Renzo Piano”.
“Sulla base della strategia – conclude il Consiglio Nazionale – serve poi finanziare un parco progetti innovativi e sostenibili che siano seguiti da una Unità di missione o Agenzia leggera, competente ed efficiente sull’esempio delle Unità di Missione per le scuole e il rischio idrogeologico che stanno dando buona prova di sé. L’ultimo step è quello di integrare questa politica con le azioni e i finanziamenti comunitari, così come gli architetti italiani predicano da anni.”