(Rinnovabili.it) – Gli “enfants terribles” del clima. Titola così il suo nuovo rapporto, il CEE Bankwatch Network, organizzazione internazionale non governativa che monitora le attività delle istituzioni finanziarie internazionali (IFI). La relazione rivela come, in barba agli accordi climatici presi, 9 Stati Membri dell’Unione europea stiano oggi letteralmente sprecando i finanziamenti comunitari destinati alla decarbonizzazione del sistema energetico.
Parliamo di centinaia di miliardi di euro assegnati tramite i Fondi europei di Coesione e Sviluppo Regionale e che, almeno in teoria, dovrebbero essere finalizzati a sostenere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. La realtà, spiega la relazione, però è ben diversa: Repubblica ceca, Estonia, Croazia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia stanno mal indirizzando tali finanziamenti, rendendo il progetto di decarbonizzazione energetica della UE una meta davvero difficile da raggiungere.
Decarbonizzazione dell’energia addio
Dei 178 miliardi di euro stanziati dai Fondi a questi Paesi solo il 7 per cento sarà investito in fonti rinnovabili, efficienza energetica e reti intelligenti, preferendovi piuttosto trasporti ad alta intensità di energia e combustibili fossili. “Qualunque cosa sia successa ai colloqui sul clima a Parigi, la Polonia è ancora tutto concentrata sul carbone. Stiamo assistendo alla spesa dei fondi comunitari in tutta Europa centrorientale in progetti focalizzati su carbone, gas e sistemi di trasporto datati, bloccando questi territori nella dipendenza da combustibili fossili, a scapito delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica”, commenta Markus Trilling, autore del rapporto.
Gli “enfants terribles” del clima
Nonostante la commissione Europea si fosse espressa abbastanza chiaramente sulla destinazione dei fondi, i nove Stati membri sembrano essere ben lungi dall’attendere all’impegno “climatico” richiesto. Secondo Trilling la colpa è da ricercare nei piani di spesa insufficienti e negli impegni climatici nazionali praticamente nulli. Ad esempio, sia la Polonia che la Repubblica Ceca forniranno sostegni finanziari alla sostituzione delle vecchie caldaie a carbone con impianti, sempre a carbone ma moderni, etichettando l’intervento come “protezione ambientale”. L’Estonia invece manterrà gli scisti bituminosi come sua principale fonte di energia; in Romania, un terzo di tutto il denaro ricevuto sarà speso per il settore dei trasporti, senza considerazioni climatiche integrali.
Nella maggior parte dei paesi della regione centro-orientale, la biomassa è la principale fonte di energia rinnovabile sostenuta da fondi comunitari. In Lettonia e in Estonia è addirittura l’unica e spesso i progetti di produzione energetica da biomassa sono finanziati senza le garanzie necessarie per assicurarne la sostenibilità. Peggio ancora, alcuni utilizzano la biomassa e carbone in tandem, facendo rientrare questo tipo di progetti nei finanziamenti per le energie rinnovabili. Il rapporto include una serie completa di raccomandazioni per assicurare che i fondi comunitari contribuiscano alla transizione energetica europea in modo significativo.