Legno di recupero e bambù, 256 barili di plastica vuoti e tetto fotovoltaico: la scuola di Makoko, firmata da Kunlé Adeyemi, non ha retto alle piogge torrenziali che hanno squassato Lagos
(Rinnovabili.it) – Ormai è un ammasso di travi contorte e accatastate le une sulle altre, ma non è colata a picco. La scuola galleggiante di Makoko è stata distrutta dalle violente piogge che mercoledì scorso hanno colpito la zona di Lagos, in Nigeria. Non si registrano morti né feriti. La struttura progettata dall’architetto Kunlé Adeyemi aveva appena ricevuto il prestigioso Leone d’argento alla Biennale di Venezia.
A Venezia resta, integra, la copia della scuola flottante di Makoko a disposizione dei visitatori. Come l’originale poggia su 256 barili di plastica vuoti, è quasi del tutto realizzata in legno e attrezzata con fotovoltaico e sistemi di stoccaggio dell’acqua piovana. Nello slum nigeriano ai margini di una metropoli da 23 milioni di abitanti, invece, è tempo della disperazione per chi in quella scuola vedeva l’unica possibilità di riscatto.
La storia della scuola flottante è tormentata fin dal principio. Vede la luce nel 2013, e subito ecco i primi intoppi. Per le autorità nigeriane, infatti, è del tutto illegale. Era nata per garantire educazione gratuita ai bambini dello slum e migliorare la vita nella zona, dove la maggior parte degli abitanti pesca in mare per vivere e non dispone di elettricità e spesso anche di acqua potabile.
La scuola apre comunque i battenti, viene usata e apprezzata da chi abita a Makoko. Tant’è vero che passato il devastante acquazzone dell’altro ieri, subito qualcuno aveva raggiunto in canoa la struttura piramidale collassata per valutare i danni. I permessi, quelli ufficiali, arrivano solo nel novembre del 2015.
Alcune considerazioni si impongono nel giudicare questa vicenda. La prima riguarda l’efficacia di soluzioni resilienti come quella di Kunlé Adeyemi. È vero che la scuola flottante era stata progettata proprio per resistere a piogge e inondazioni, ma a discolpa dell’architetto va segnalato che la perturbazione ha distrutto molte altre abitazioni dell’area. Resta il fatto, poi, che in quella scuola sono passati, in questi pochi anni di servizio, centinaia di bambini.
Inutile poi fare affidamento sul via libera delle autorità, che avrebbero dovuto vigilare sullo stato della struttura, vista la loro opposizione fin dal principio all’opera. Contattato via e-mail da Dezeen, Adeyemi ha fatto inoltre sapere che da alcuni mesi era in programma di smontare la scuola e ricostruirla secondo il nuovo modello appena disegnato, che apporta modifiche e migliorie varie.
Ecco una contraddizione – che è anche una sfida – molto concreta con cui si trova a fare i conti quell’architettura “di frontiera”, richiamando il tema della Biennale di Venezia scelto dal curatore Alejandro Aravena: per quanto i progetti possano puntare sulla semplicità, il recupero e riuso dei materiali, l’autocostruzione, gli ostacoli restano. E il principale, non di rado, spunta dalla burocrazia e dalla classe politica locale.