Quasi nessun Paese tra i 195 partecipanti al vertice sul clima ha accennato alla tutela dei popoli indigeni, vittime di violenze per aver difeso l’ambiente
(Rinnovabili.it) – Molto meglio di noi occidentali, i popoli indigeni sanno tutelare l’ecosistema e conservarlo in salute. Ma sono anche tra le genti più direttamente minacciate dalla furia cieca del turbocapitalismo. Nonostante questo, alla Conferenza ONU sul clima che si aprirà a Parigi lunedì prossimo la loro voce non verrà ascoltata, e le loro istanze resteranno fuori dal dibattito.
«La COP 21 si concentrerà infatti sulle politiche energetiche delle nazioni industrializzate, e non sulla distruzione di ambienti naturali come l’Amazzonia», denuncia un comunicato stampa di Survival International, l’Organizzazione internazionale che si batte per i diritti degli indigeni. Survival ha lanciato proprio ieri un rapporto intitolato “La verità più scomoda di tutte: cambiamenti climatici e popoli indigeni”, una decina di pagine in cui viene alla luce la resistenza dei nativi del Brasile e di altri Paesi sudamericani alle attività predatorie e climalteranti delle grandi imprese: allevamento intensivo di animali, agricoltura industriale, deforestazione.
Nelle priorità del summit di Parigi, tuttavia, non si fa menzione della tutela di questi popoli: tra le 195 nazioni che parteciperanno, sono pochissime quelle che hanno incluso nella loro lista di priorità la questione indigena. Ma noti attivisti delle tribù come Davi Yanomami, Raoni Kayapó e Mauricio Yekuana parteciperanno comunque all’evento.
«Il clima sta cambiando – ha detto Davi Kopenawa Yanomami, leader e portavoce del popolo Yanomami del Brasile – Voi lo chiamate riscaldamento globale. Noi lo chiamiamo Motokari. Sta facendo ammalare i polmoni della terra. Dobbiamo rispettare questo mondo, dobbiamo mettere un freno. Non possiamo continuare a distruggere la natura, la terra e i fiumi. Non potete continuare a ucciderci, a uccidere noi Indiani della foresta. Noi sappiamo prenderci cura della nostra foresta».
Tra le tribù più attive nella lotta per salvare l’ambiente, Survival International elenca i Guajajara (che hanno deciso di scontrarsi con le bande armate di taglialegna), i Ka’apor (che hanno formato un esercito indigeno per combattere la deforestazione illegale, subendo violenze e assassini) e i Guarani (minacciati e assassinati dai coltivatori di canna da zucchero e dagli allevatori per aver organizzato il boicottaggio dell’industria).
«La nostra società industrializzata è responsabile della distruzione del mondo naturale e dell’inquinamento atmosferico – ha detto Stephen Corry, direttore generale di Survival International – I popoli indigeni, invece, si sono dimostrati molto più abili di noi nel prendersi cura dell’ambiente. Per questo, l’arroganza con cui pensiamo che ‘noi’ abbiamo tutte le risposte, mentre estromettiamo i popoli indigeni, è davvero vergognosa. È il momento di ascoltare le voci indigene, e di riconoscere che nella lotta per salvare l’ambiente i partner junior siamo noi».