Wellington taglierà le emissioni dell’11% rispetto al 1990. Ma quali emissioni? Gli analisti svelano il gioco delle tre carte sul clima di un Paese comunque virtuoso
(Rinnovabili.it) – La Nuova Zelanda potrebbe ridurre le emissioni di gas serra del 30% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030, un impegno pari ad un taglio dell’11% rispetto ai livelli del 1990. È questa la promessa del governo sul clima presentata ieri alle Nazioni Unite.
Gli analisti hanno bollato la proposta come “debole”, dato che si tratta di un piccolo aumento rispetto alla già nota volontà di ridurre la CO2 del 5% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. Ma il governo ribatte che l’impegno è coerente con un obiettivo a lungo termine di riduzione del 50% entro 2050 (sempre rispetto al 1990), e aggiunge che il successo del piano dipenderà dalle regole stabilite in sede UNFCC a dicembre, durante la COP 21.
«L’impegno climatico della Nuova Zelanda resterà provvisorio – dichiara il governo – in attesa di conferma degli approcci che verranno adottati per il settore della gestione dei suoli e dell’accesso ai mercati del carbonio».
Servirà un accesso «senza restrizioni» ai sistemi di scambio delle emissioni, sottolinea l’esecutivo, se si vuole che il Paese raggiunga gli obiettivi che si è dato ieri: «Le limitate possibilità di abbattimento delle emissioni domestiche ci impongono l’accesso ai mercati del carbonio globali per essere in grado di fornire un contributo che vada al di là del nostro attuale obiettivo».
Tuttavia, secondo Carbon Pulse, in base al sistema di contabilità adottato, la Nuova Zelanda potrebbe registrare al 2030 un aumento netto delle emissioni del 134% rispetto al 1990, e non una riduzione. Tutto dipenderà da quanta parte di CO2 deciderà debba essere considerata di sua responsabilità. L’obiettivo adottato per il 2020, infatti, calcola le emissioni lorde per l’anno di riferimento, il che significa che non tiene conto del carbonio immagazzinato nelle foreste, rendendo così le emissioni dell’anno di riferimento artificialmente alte. Un taglio della CO2 basato su numeri del genere, sarebbe quindi del tutto fittizio, e corrisponderebbe invece ad una crescita.
Secondo Oxfam, i vicini di casa della Nuova Zelanda nel Pacifico saranno i più colpiti dal cambiamento climatico, e per questo un obiettivo così poco ambizioso è per loro uno «schiaffo in faccia».
Va detto che il Paese non è tra i più colpevoli del riscaldamento globale: le rinnovabili rappresentano l’80% dell’energia elettrica, e l’obiettivo è raggiungere il 90% entro il 2025.