Un giovane nato nel campo profughi di Awnserd ha studiato grazie all’UNHCR e oggi costruisce case in bottiglie di plastica per i rifugiati
Tateh, rifugiato che costruisce con le bottiglie di plastica
(Rinnovabili.it) – Dalle bottiglie di plastica nascono case sostenibili, economiche e capaci di resistere al clima del deserto africano. È un mezzo miracolo quello compiuto dal giovane rifugiato algerino Tateh Lehbib Breica, nato e cresciuto nel campo profughi di Awserd, vicino a Tindouf, città nella parte occidentale del paese.
Queste case costruite a partire da materiale di riciclo possono sopportare le dure condizioni del deserto. Non è un’impresa facile, dal momento che il clima locale vede un’escursione termica fino a 45 gradi tra notte e giorno. Senza contare che le tempeste di sabbia spazzano duramente tutta l’area, sferzando i ricoveri di fortuna nei campi profughi abitati da persone in fuga dalle violenze della guerra scatenatasi 40 anni fa nel Sahara occidentale. Non basta: la zona è soggetta anche a forti scrosci di pioggia, vere e proprie burrasche che nel 2015 hanno distrutto migliaia di case.
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In una terra così inospitale, aspra e spietata, Breica potrebbe aver trovato una soluzione. Ha conseguito un master in efficienza energetica dopo aver partecipato a programma di borse di studio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), con l’intenzione di costruire un giardino panoramico grazie alle bottiglie di plastica. Tuttavia, in corso d’opera ha compreso che la forma circolare della struttura ad alta efficienza che stava costruendo poteva rispondere ad una esigenza più urgente.
Le case in bottiglie di plastica riempite di sabbia, infatti, possono resistere meglio alle forti piogge rispetto a quelle in mattoni crudi e alle tende. Inoltre, sono resistenti all’acqua. Le abitazioni costruite dal giovane rifugiato hanno pareti spesse, e la loro forma circolare permette di resistere meglio anche alle tempeste di sabbia. Breica ha costruito la sua prima casa con le bottiglie per la nonna, rimasta ferita mentre veniva portata al riparo da una tempesta di sabbia. Il progetto ha funzionato: ora Breica lavora con l’UNHCR e ha costruito 25 altre abitazioni.