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Bioplastica dalle feci, la scoperta della Lund University

La scoperta arriva dalla Lund University, dove un team di ricerca è riuscito a sviluppare una bioplastica derivante dalle molecole delle feci, più duratura della plastica normale e più facile da riciclare

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La bioplastica sviluppata a partire dall’indolo sembra avere proprietà meccaniche migliori di altri biopolimeri

 

(Rinnovabili.it) – Le frontiere della bioplastica si stanno allargando sempre di più, da oggi anche grazie agli escrementi. Secondo quanto scoperto dai ricercatori della Lund University, ci sarebbero buone prospettive di sviluppare una bioplastica derivante dalle molecole delle feci, più duratura della plastica normale e di altre bioplastiche e potenzialmente più facile da riciclare.

 

Quasi tutta la plastica viene ricavata dal petrolio grezzo e attualmente la sua produzione rappresenta il 4-6% del consumo globale di petrolio. Lo sviluppo delle bioplastiche rinnovabili sta prendendo piede, ma poche vengono effettivamente utilizzate. Tra le alternative più valide c’è il polietilene furanoato (PEF), che invece del petrolio utilizza il furano, che può essere estratto dal mais, dal legno e da alcuni tipi di grano. Il principale mercato del PEF è il packaging, considerate le sue prestazioni migliori rispetto al diffuso PET, soprattutto per quanto riguarda la protezione dall’ossigeno, dal biossido di carbonio e dall’acqua, prestazioni che conferiscono ai prodotti conservati in questo tipo di plastica una maggiore durata.

 

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Proprio il successo del PEF ha spinto gli scienziati a indagare altri potenziali materiali rinnovabili da utilizzare per la produzione di bioplastica. Tra questi ci sarebbe l’indolo, un idrocarburo più pesante del furano, presente nelle feci umane e in concentrazioni inferiori anche in alcune piante da fiore. Stando a quanto riferito dal team, la temperatura di transizione – quella cioè oltre la quale il materiale si ammorbidisce e si deforma – di questo materiale plastico a base di indolo sarebbe di 99 gradi; quella del PET è pari a 70 gradi, mentre quella del PEF a 86 gradi. Si tratta, ovviamente, di risultati preliminari, ma la bioplastica sviluppata con l’indolo sembra avere proprietà meccaniche migliori che potrebbero rendere migliore il suo riciclo, a differenza del PET che può essere riciclato una sola volta. Attualmente, l’indolo viene prodotto solo su piccola scala e utilizzato principalmente in profumi e spezie. Potrebbe essere possibile sfruttare la bioingegneria e produrlo dallo zucchero attraverso la fermentazione, ma si tratta di un processo tutto da approfondire. Il team al momento sta esaminando il potenziale di questa bioplastica anche in altre aree di applicazione.