(Rinnovabili.it) – Potrebbe essere un minuscolo insetto abituato a vivere nelle profondità terrestri a portare alla luce un nuovo modo per produrre biomassa. Il suo nome scientifico è Cansiliella servadeii, ed è un coleottero cavernicolo scoperto nei primi anni settanta nelle cave di carbonato. Il piccolo troglobita è tornato agli onori della ricerca scientifica grazie al lavoro svolto da un team di scienziati internazionali, guidato dal Professor Maurizio G. Paoletti del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova i cui lavori sono stati appena pubblicati sull’International Journal of Speleology e BMC Microbiology.
I ricercatori hanno studiato il coleottero nel suo ambiente naturale, una grotta posta a 500 metri di profondità nel Monte Ciaurlec sopra Pordenone, portando alla luce un’insolita catena alimentare. Sì, perché nelle profonde depressioni terrestri, in mancanza di sole e in questo caso anche di elementi essenziali come lo zolfo, sopravvivere può costituire una vera sfida. La quasi totalità dei sistemi ecologici del pianeta, infatti, è intimamente legata alla fotosintesi clorofilliana, al sole e quindi all’ambiente esterno. Al contrario, Cansiliella servadeii vive all’interno di un sistema di nutrimento assolutamente slegato dall’ambiente esterno. Gli scienziati hanno scoperto che il coleottero si alimenta di batteri e delle loro aggregazioni racchiuse in una matrice protettiva (biofilm) che si sviluppano sulle concrezioni di un materiale pastoso costituito di microcristalli calcarei (moonmilk), costantemente percolato d’acqua.
“I risultati della ricerca sono stati incredibili” spiega il Professor Maurizio Paoletti “l’analisi del biofilm raccolto raschiando la superficie del moonmilk ha permesso di isolare e individuare 187 specie batteriche delle quali circa la metà sono sconosciute alla scienza. L’esame del tratto del sistema digerente della Cansiliella ha evidenziato altre 87 forme batteriche tutte nuove come genere o specie, senza alcuna sovrapposizione con i batteri trovati nel moonmilk. Le ricerche condotte sulla Cansiliella servadeii” conclude Paoletti “possono fornirci nuovi modelli interpretativi per la comprensione dei complessi meccanismi di produzione di biomassa in ambienti di grotta, senza luce, in cui la vita batterica ha un ruolo preponderante. Ma i batteri che non utilizzano il detrito, ed alcuni sono già stati individuati, potranno fornire nuovi modelli per produrre biomassa e quindi cibo”.