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Dal biogas 25mila posti di lavoro entro il 2020

FIPER: nella SEN irrisolto il dilemma sul biometano(Rinnovabili.it) – Sembrerebbe essere arrivata davvero l’Era d’oro per il biogas italiano. Dopo anni di supporto al comparto per lo più con leggi regionali, il Governo ha aperto le porte alla biometano e alla sua immissione nella rete del gas naturale (il DM 5 dicembre 2013, ancora in attesa della regolamentazione attuativa). Una misura di cui il settore energetico beneficerà non solo in produzione addizionale. Secondo il Cib, il Consorzio Italiano biogas, il settore andrà incontro a un raddoppio degli occupati stabili, fino a toccare quota 25mila nel 2020. Questo, spiega il Cib, dalla giornata inaugurale della prima edizione di “Biogas Italy“, è un comparto giovane che negli ultimi 5 anni ha mobilitato investimenti per 4,5 miliardi di euro, creando 12 mila nuovi addetti stabili e che oggi rappresenta una produzione di circa 2 miliardi di metri cubi (Nmc) di gas metano equivalente; ovvero un quinto della produzione nazionale di gas naturale. “Il biogas – ha ricordato Piero Gattoni, presidente dell’associazione – ha consentito alle aziende italiane di tenere aperte le stalle, rafforzandone la posizione economica e contribuendo a mantenere invariate l’occupazione e la produzione alimentare tradizionale in un periodo di crisi generale”. Da qui al 2020 il settore dovrebbe inoltre poter raggiungere il 40%  del potenziale italiano, vale a dire 3,2 miliardi di metri cubi.

 

I conti devono però essere fatti con molta attenzione come dimostra lo scandalo marchigiano su cui oggi sta facendo chiarezza la magistratura. La vicenda è passata per lo più sotto silenzio a livello delle grandi testate nazionali, nonostante affondi le radici all’inizio del 2010. Il problema? Una legge regionale di semplificazione burocratica per gli impianti a biogas delle Marche in base alla quale le centrali inferiori a 1 MW non necessitano di Valutazione d’impatto ambientale (VIA). La norma e le delibere che sono seguite stanno garantendo generosi incentivi pubblici ai proprietari e cambiando inevitabilmente la vocazione del territorio, rendendo più conveniente le colture a scopo energetico piuttosto che alimentare. Impugnata in passato dal Governo Monti davanti alla Consulta (il tribunale aveva dato ragione al Governo riconoscendo la norma in contrasto con la direttiva europea sul tema e dunque incostituzionale) ora la legge è al centro dell’inchiesta della procura di Ancona (per approfondire leggi qui).

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