Il piano delle Nazioni Unite sulla biodiversità prevede la salvaguardia del 30% delle terre e dei mari e la lotta contro la plastica.
(Rinnovabili.it) – Per invertire la rapida perdita di biodiversità in tutto il mondo, i governi mondiali dovrebbero proteggere quasi 1/3 di tutte le terre e gli oceani, tagliando radicalmente le principali fonti di inquinamento entro la fine del decennio. Questa è la nuova proposta delle Nazioni Unite per la salvaguardia della biodiversità, che delinea un percorso volto ad evitare il pericolo di quella che viene considerati dagli scienziati come la sesta estinzione di massa sul pianeta.
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La bozza della proposta ONU è stata pubblicata lunedì scorso e prevede degli obiettivi al 2030 che comprendono la salvaguardia del 30% di tutte le terre e dei mari (con almeno il 10% posto sotto “protezione rigorosa”), la lotta contro la diffusione e l’introduzione di specie invasive, e la riduzione dell’inquinamento da plastica di almeno il 50%. La proposta verrà ufficialmente discussa ad ottobre di quest’anno in Cina, durante un vertice ONU sulla biodiversità, in cui si concorderanno i nuovi obiettivi per il decennio a venire, molti dei quali non sono stati raggiunti nel corso di quello appena concluso, come avrebbe dovuto essere.
A maggio, un rapporto delle Nazioni Unite ha mostrato che circa 1 milione di specie terrestri e marine potrebbero essere spazzate via dall’attività umana se le attuali tendenze continuassero a persistere. Il tasso di estinzione è fino a centinaia di volte superiore rispetto alla media degli ultimi 10 milioni di anni. La perdita di biodiversità è indissolubilmente legata al cambiamento climatico e gli scienziati avvertono che queste due crisi rappresentano una minaccia esistenziale per l’umanità. In un rapporto del 2017, John Knox, esperto di diritti umani e professore di Diritto internazionale presso la Wake Forest University, ha scritto che la perdita di biodiversità ha “implicazioni gravi e di vasta portata per il benessere umano”, tra cui una riduzione dei rendimenti della pesca e dell’agricoltura e l’aumento della diffusione di malattie infettive.
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Mentre gli obiettivi della proposta delle Nazioni Unite sono molto chiari, la bozza offre minori dettagli su come le nazioni potrebbero (e dovrebbero) attuare le azioni necessarie per arrestare il declino attualo. Nonostante questo, l’ONU esorta le parti a “integrare i valori della biodiversità nella pianificazione nazionale e locale” e osserva che “i governi e le società devono determinare le priorità e allocare risorse finanziarie e di altro tipo, interiorizzare il valore della natura e riconoscere il costo dell’inazione“.
A questo proposito, un piano pubblicato dal Center for Biological Diversity ha esortato gli Stati Uniti a fare la propria parte per porre fine alla crisi di biodiversità investendo 100 miliardi di dollari nella protezione delle specie, nella creazione di 500 nuovi parchi nazionali, rifugi faunistici e santuari marini, e nel ripristino dell’Endangered Species Act, la norma del ’73 sulla conservazione delle specie. La legge, infatti, è stata revisionata radicalmente dall’amministrazione Trump, aprendo le porte a uno sviluppo più estrattivo e limitando la capacità delle agenzie federali di rendere conto degli impatti futuri sui cambiamenti climatici.
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