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Le batterie litio-zolfo imitano i villi intestinali

Le batterie litio-zolfo imitano i villi intestinali

 

(Rinnovabili.it) – Nella gara internazionale al dispositivo più performante d’energy storage, una chance in più da oggi la hanno le batterie litio-zolfo. Un gruppo di scienziati dell’Università di Cambridge si è rivolto alla biologia umana per migliorare le performance di questa tecnologia di accumulo. Il risultato è un nuovo prototipo potrebbe in breve tempo disporre di una densità energetica fino a cinque volte superiore a quella delle normali batterie agli ioni di litio.

 

È tutta una questione di design. I ricercatori hanno creato una struttura bio-ispirata capace di superare uno degli ostacoli più grandi alla commercializzazione delle batterie litio-zolfo, ossia la graduale perdita di materiale attivo durante i cicli di carica e scarica. Come spiegano nel documento pubblicato su Advanced Functional Materials, l’obiettivo della ricerca era quello di inibire o rallentare questa perdita. E’ qui che entra in gioco la biologia umana. Gli scienziati in collaborazione con un team proveniente dall’Istituto di tecnologia di Pechino hanno preso a modello strutturale i villi intestinali che rivestono la superficie del tenue. Hanno quindi replicato questi elementi in un materiale nanostrutturato e leggero, destinato alla realizzazione degli elettrodi della batteria.

Nello specifico, nella nuova batteria uno strato di minuscoli fili di ossido di zinco rivestono la superficie del catodo e intrappolano i frammenti del materiale attivo quando si degrada (grazie ad un forte legame chimico), mantenendoli elettrochimicamente accessibili e permettendo al materiale stesso di essere riutilizzato.

 

“Questo strato rappresenta un piccolo passo avanti, ma è comunque importante”, afferma il co-autore Paul Coxon dal Dipartimento di Scienza dei Materiali e Metallurgia dell’Università di Cambridge. “Dà l’avvio al lungo cammino attraverso il collo di bottiglia che impedisce lo sviluppo di batterie migliori”.

 

Per il momento, il dispositivo è solo un “proof of principle”, vale a dire che tra il laboratorio e il mercato ci sono ancora diversi anni di distanza.

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