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Architettura sostenibile, a Moshe Safdie il premio alla carriera dello Smithsonian

Fin da Habitat 67, il modulo abitativo sperimentale presentato all’Expo di Montreal del 1967, l’architetto israeliano naturalizzato canadese ha protato avanti i temi della sostenibilità ambientale e sociale

Architettura sostenibile, a Moshe Safdie il premio alla carriera dello Smithsonian

 

(Rinnovabili.it) – Modularità, giardini pensili, una carriera intrecciata all’architettura sostenibile. Va all’architetto israeliano naturalizzato canadese Moshe Safdie l’ambito riconoscimento dei National Design Awards di quest’anno. La giuria del Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum ha insignito Safdie, cui si deve il memoriale per l’Olocausto di Gerusalemme, del premio alla carriera, che affianca quello riconosciuto in altre 11 categorie.

 

Architettura sostenibile, a Moshe Safdie il premio alla carriera dello Smithsonian“I vincitori di quest’anno – ha commentato la direttrice del museo Caroline Baumann – riflettono l’empatia del design verso i problemi sociali della contemporaneità: dal promuovere la produttività sul posto di lavoro al conservare le tradizioni, all’incoraggiare la partecipazione dei cittadini. Questi designer attraversano i confini delle discipline, esplorano materiali innovativi e sviluppano nuovi modelli di problem-solving per raggiungere tali obiettivi”.

 

Descrizione quanto mai accurata ma certo non riferita soltanto agli 11 vincitori “standard”. La definizione in fatti ben si attaglia alla figura del famoso architetto, che si è mosso su questi binari per decenni. Safdie, attualmente basato a Boston, è noto in tutto il mondo per alcuni progetti di assoluta rilevanza.

Tra questi va citato Habitat 67, il modulo abitativo sperimentale che fu presentato dall’architetto israeliano all’Expo universale del 1967 a Montreal, in Canada. Quello era il suo primo progetto effettivamente costruito.

 

Da lì in avanti la lista si è considerevolmente allungata. Opere più recenti sono ad esempio il complesso del Marina Bay Sands a Singapore, che ospita uno degli hotel più grandi al mondo ed è caratterizzato da un lunghissimo giardino pensile, posto sulla sommità della struttura, che collega le tre torri di cui si compone l’opera.

Un concetto riproposto anche di recente. Basta pensare a Sky Habitat, il complesso residenziale ultimato da pochi mesi, anche questo a Singapore, che continua a battere il tasto della sostenibilità ambientale e sociale collegando gli appartamenti tramite lunghe passerelle che ospitano giardini pensili e piscine, mentre l’orientamento delle diverse unità abitative è ottimizzato in funzione della ventilazione naturale e l’intero complesso è attraversato da giardini verticali.