Le house boat di oggi? Inutili, abitazioni che per caso poggiano sull'acqua. Parola di Matthew Butcher, che con Flood House vuole ricondurre l'architettura galleggiante sulla giusta via: la lotta ai cambiamenti climatici
(Rinnovabili.it) – E’ una provocazione, ma non fine a se stessa. L’idea è di Matthew Butcher della Bartlett School of Architecture, una stazione meteo che naviga alla foce del Tamigi e raccoglie una quantità di dati d’ogni tipo. Ma è anche, allo stesso tempo, un’abitazione. Lo scopo è criticare (con cognizione di causa) le tendenze più recenti dell’architettura galleggiante.
Questa imbarcazione ibrida l’ha soprannominata, non a caso, Flood House. Resterà a far la spola tra le due sponde del Tamigi in prossimità del suo estuario, dove s’incontra col mare del Nord, fino al 14 maggio. E monitorerà le variazioni dell’altezza delle onde e delle maree in un’area, quella dell’Inghilterra meridionale, soggetta ancora oggi a inondazioni stagionali.
Il Tamigi dispone di un sistema di chiuse che dovrebbero proteggere la capitale dalle alluvioni, quando l’acqua di mare risale con violenza il corso del Tamigi. Ma se Londra è abbastanza al sicuro, non si può dire lo stesso degli insediamenti urbani più a valle. E proprio per questo motivo, negli ultimi anni, sono fioccate le proposte di architettura galleggiante. Decine e decine di house boat che però, prestando ascolto a Butcher, sono alquanto inutili.
Il perché è presto detto. La domanda che non ci si pone, spiega lo studioso, è il modo in cui le strutture artificiali, costruite, si relazionano con l’ambiente. Il punto è che se non ci si interroga sul vero ruolo dell’architettura in questo frangente, non si arriverà davvero a proposte efficaci.
Così Butcher con la sua Flood House, 5,5 x 7,5 metri di modesta imbarcazione che poggia su tre pontoni di acciaio, vuole dimostrare “plasticamente” le criticità più scontate. Ad esempio il fatto che l’accesso all’abitazione è influenzato fortemente da altezza e violenza delle onde. O dal fatto che la casa-imbarcazione è tutt’altro che stabile.
“Flood House cerca di contrastare queste nozioni, suggerendo invece un’architettura nomadica che forma una relazione reattiva con le condizioni ambientali circostanti – spiega Butcher – Il problema è che l’architettura galleggiante di oggi assomiglia a abitazioni che per puro caso sono appoggiate sull’acqua”
Solo prendendo coscienza della necessità di un’architettura galleggiante specifica, conclude Butcher, si può iniziare a rispondere ai cambiamenti climatici e all’innalzamento del livello delle acque in modo efficace.