(Rinnovabili.it) – Servono strumenti fiscali per tradurre in realtà il principio ‘chi inquina paga’, tappe precise per la chiusura delle centrali a carbone e regole che assicurino più trasparenza per finanza e investimenti. Lo afferma il Wwf nel report “Politiche di uscita dal carbone in Italia”, pubblicato oggi alla vigilia della COP22 di Marrakesh. Il documento analizza la situazione in Europa e nel nostro paese, ribadendo i paletti necessari per una valida transizione energetica.
Nel mirino finisce l’attuale sistema del mercato dei crediti di carbonio (ETS). “L’utilizzo del carbone in Italia e in Europa – si legge nel report – è ancora principalmente determinato dall’andamento dei prezzi dei combustibili fossili e non dalle politiche ambientali europee: il meccanismo dell’Emission Trading non garantisce continuità nella riforma dei sistemi energetici”.
Da qui la proposta di introdurre un meccanismo fiscale con un costo minimo delle emissioni di CO2 di 20 euro a t (da portare a 30 euro nel 2022). Due i vantaggi per l’Italia: le emissioni del settore termoelettrico scenderebbero dell’8%, mentre le entrate per lo Stato ammonterebbero a 800 mln di euro l’anno. Un tesoretto che darebbe un po’ di respiro e permetterebbe di impostare la conversione dei sistemi energetici. La decarbonizzazione potrebbe prendere a modello il meccanismo di carbon floor price introdotto nel 2013 in Uk, secondo il quale gli operatori elettrici pagano la differenza tra un valore minimo fissato per legge e il valore corrente dell’ETS.
In parallelo, continua il Wwf, è necessario programmare il phase out del carbone, il combustibile a maggiore emissione di CO2 nella generazione di energia elettrica. Pianificare una via d’uscita da questa fonte fossile favorirebbe un’equa transizione nel mercato energetico italiano. Se l’abbandono del carbone fosse programmato al 2025, calcola il Wwf nel rapporto, avremmo un ulteriore taglio delle emissioni del 9% al 2030, e ci sarebbe il giusto margine per ricollocare anche i circa 2.500 lavoratori oggi impegnati nelle centrali della penisola.
Infine, per aderire allo spirito dell’Accordo di Parigi è necessario introdurre strumenti, legislativi e volontari, per la trasparenza ed il monitoraggio degli investimenti delle diverse istituzioni, pubbliche e private, nei settori maggiormente responsabili degli effetti sul clima. Seguendo il modello norvegese, conclude il rapporto, “è indispensabile iniziare a preparare una proposta legislativa legata alla trasparenza e comunicazione dei dati relativi agli investimenti degli istituti finanziari pubblici e privati in tema di cambiamenti climatici”.