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USA: negli ultimi 2 anni chiuse 50 centrali alimentate a carbone

Secondo l'associazione ambientalista Sierra Club, negli USA aumenta il numero di impianti a combustione fossile che chiudono i battenti a dispetto del sostegno al settore spesso proclamato da Donald Trump

centrale carbone usaDal 2010, sono 289 le centrali a carbone che hanno fermato le attività; 241 quelle rimaste in funzione

 

(Rinnovabili.it) – Negl’ultimi due anni sono state chiuse 50 centrali energetiche alimentate a carbone negli Stati Uniti: il dato è stato diffuso ieri dall’associazione ambientalista Sierra Club.

Dall’insediamento di Donald Trump alla presidenza degli States, 50 centrali hanno terminato le operazioni, mentre per altri 51 impianti alimentati ad energia fossile è prevista la chiusura nei prossimi anni: numeri in controtendenza con le dichiarazioni a sostegno dell’industria carbonifera effettuate a più riprese dal tycoon.

 

Solo in questa settimana hanno annunciato la prossima chiusura due stabilimenti energetici alimentati a carbone, uno in Florida e un altro nello Utah: in complesso, dal 2010, sono 289 le centrali alimentate dalla combustione del carbone che hanno terminato le attività negli Stati Uniti, con un calo di capacità del settore pari al 40%.

 

Ad oggi, le centrali alimentate da carburanti fossili ancora attive su suolo statunitense sono ancora 241, tuttavia, rispetto al 2008, quando toccò il suo apice storico, la produzione di carbone a stelle e strisce risulta diminuita di 1/3. Da quando Trump guida gli USA, ha avviato l’attività solo una centrale energetica alimentata a carbone, alcune settimane fa, in Alaska.

 

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Stiamo osservando una corsa disperata per uscire dall’industria del carbone– ha commentato Jonathan Levenshus, portavoce del Sierra Club – Questo perché da un punto di vista economico, il carbone non funziona più. La retorica pro carbone dell’Amministrazione Trump sta offrendo false promesse”.

 

Il declino del carbone negli States è dovuto in buona parte all’imporsi negli ultimi 10 anni di nuove tecniche di estrazione dei gas naturali come la cosiddetta fratturazione idraulica o fracking: una pratica geotecnica che sfrutta la pressione di un liquido, in genere acqua, per propagare la frattura artificiale (generata dalle perforazioni) in uno strato roccioso ricco di idrocarburi e aumentarne la permeabilità al fine di recuperare petrolio e gas naturale.

 

L’Energy Information Agency (EIA) degli Stati Uniti prevede che il carbone rappresenterà solo il 25% del mix energetico nazionale già a partire dall’estate 2019, contro il 35% toccato nel 2015. Proprio il gas naturale dovrebbe guadagnare il terreno perso dal carbone coprendo il 40% del fabbisogno elettrico degli americani.

 

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