Il trattato di libero scambio in fase negoziale tra Commissione europea e governo USA (Ttip) potrebbe contenere una specifica sezione dedicata all’energia
(Rinnovabili.it) – Il 2015 dell’Unione europea si apre in continuità con la fine del 2014, e cioè nel segno del Ttip. Il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, in discussione con il governo USA, ha in ballo diverse questioni, ma una delle più importanti è quella energetica. Lo dimostra l’impegno di Federica Mogherini, alto rappresentante Ue per gli affari esteri, nel fare pressioni a dicembre sul segretario di Stato americano John Kerry. L’obiettivo è inserire il capitolo sull’energia nel Ttip, arrivando ad aprire un canale di importazione del gas naturale americano, ottenuto con il fracking.
Diversificare i percorsi e le forniture del gas è diventata una delle prime preoccupazioni europee al fine di ridurre la dipendenza dai russi. Circa il 30% del fabbisogno annuale dell’Unione, infatti, è soddisfatto da Gazprom, il cui gasdotto passa attraverso l’Ucraina. Ma è ormai da mesi che le tensioni con Putin stanno strozzando le forniture. E Bruxelles non si fida della mano tesa di Mosca, che di recente ha invitato l’Europa a gettare il Ttip nel cestino, per aderire a un’alleanza euroasiatica che vede già Russia e Cina andare a braccetto da qualche tempo.
Mogherini ha sostenuto che un capitolo sull’energia nell’accordo di libero scambio potrebbe rappresentare «un punto di riferimento per il resto del mondo» in fatto di mercati energetici basati su regole trasparenti. Gli Stati Uniti non hanno escluso la possibilità, ma sembrano più cauti dell’Ue. Il motivo è semplice e duplice: in primo luogo, gli USA prediligerebbero mercati disposti a pagare cifre più alte per il loro gas naturale. In secondo luogo, rendere pubblica l’esistenza di uno capitolo dedicato all’energia nel Ttip farebbe montare le critiche degli ambientalisti, che rallenterebbero i negoziati almeno tanto quanto lo sdegno internazionale che ha accolto la volontà di inserire il meccanismo ISDS nel trattato.
La grande diffusione, negli ultimi 10 anni, dell’impattante pratica del fracking, ha infatti visto esplodere innumerevoli conflitti ambientali. Colpa dei molti risvolti negativi di questa tecnica estrattiva, che ha portato gli USA a scalare la vetta dei produttori mondiali di idrocarburi a spese di ambiente e comunità locali.
L’Unione, dal canto proprio, ha fatto di tutto nell’ultimo periodo per preparare il terreno delle importazioni di idrocarburi non convenzionali. Ha stracciato tutti i regolamenti che si era data per limitare l’inquinamento, come la direttiva sulla qualità dei carburanti e quella sulla qualità dell’aria. Un regalo all’industria automobilistica da una parte, alle multinazionali dell’energia fossile dall’altra.