(Rinnovabili.it) – Il presidente americano Donald Trump, ha formalmente annunciato il nome di Rick Perry come segretario al Dipartimento dell’Energia (DoE).
Se la nomina dovesse essere confermata dal Senato, l’ex governatore del Texas, e un tempo rivale di Trump alle presidenziali, si ritroverebbe a capo di un’agenzia federale di cui egli stesso aveva proposto l’eliminazione solo qualche anno fa. Un paradosso che promette da subito parecchi chiaroscuri nel prossimo programma energetico degli States.
Chi è Rick Perry
Classe 1950, Perry è passato alla storia (quella politica) per essere rimasto sulla poltrona di governatore del Texas per ben 15 anni. Un lungo lasso di tempo, in cui il politico repubblicano ha assecondato la vocazione storica dello Stato e del suo partito: petrolio e gas. Sotto le politiche permissive e di deregolamentazione di Perry, la produzione è aumentata rispettivamente del 260 per cento e del 50 per cento.
Ma a dispetto di quanto si possa credere, Perry si è anche impegnato attivamente a sostenere lo sviluppo eolico. Durante il suo mandato da record l’energia del vento in Texas è passata da 200 MW a oltre 14 GW. L’Energy Association American Wind gli riconosce il merito di aver sostenuto realizzazione ed espansione dell’infrastruttura elettrica per collegare le fattorie eoliche al mercato energetico, creando un ambiente favorevole agli investimenti economici e proteggendo le terre pubbliche di proprietà federale dalla privatizzazione.
L’eliminazione del Dipartimento dell’Energia
L’aver reso il Texas, lo Stato con la più alta produzione energetica degli USA, ad occhi di avversari politici e ambientalisti non basta. Non basta se la posizione che si richiede d’occupare è quella di un’agenzia che sovraintende alla gestione e alla sicurezza dell’energia nucleare del Paese e che deve occuparsi dello smaltimento delle scorie radioattive e della qualità dell’ambiente, ambito in cui Perry ha ben poche competenze. Ciò che maggiormente lega l’ex-governatore al DoE è la brutta figura fatta nel 2011 durante un dibattito delle primarie Repubblicane, quando propose di eliminare tre dipartimenti governativi da lui ritenuti inutili: quello per il Commercio, per l’Educazione e un terzo quello dell’Energia, di cui però non si ricordò il nome. Quello che è stato immediatamente ribattezzato il “momento oops” («The third one, I can’t. Sorry. Oops») per diversi analisti politici ha condannato alla sconfitta la candidatura di Perry.
Lo scetticismo climatico
Le preoccupazioni crescono anche sul fronte prettamente ambientale. L’ex governatore non ha mai fatto di mistero di essere uno scettico climatico, accusando più volte la scienza intorno al climate change di essere “instabile”, “non definitiva” e addirittura corrotta dagli interessi economici.
Con Perry, il neo presidente chiude una squadra che sembra votata alle fossili già in partenza e in cui appaiono Rex Tillerson, l’amministratore delegato del gigante petrolifero Exxon Mobil Corp, in qualità segretario di Stato e Scott Pruitt come capo dell’Environmental Protection Agency.
Le mani nel DAPL
Non mancano i conflitti d’interesse dal momento che Perry è anche nel consiglio di amministrazione della Energy Transfer Partners (ETP), la società che sta realizzando il controverso oleodotto Dakota Access Pipeline e che, nella corsa alle presidenziali 2016, ha donato oltre un milione e mezzo tramite i suoi dipendenti alla campagna di Perry. Il progetto dell’oleodotto è stato parzialmente bloccato ma la squadra di Trump ha già fatto sapere che rivedrà la decisione di ritardare i lavori, una volta entrata formalmente in carica il prossimo mese