Durante i colloqui sul Clima di Madrid, l’Organizzazione energetica dell’America Latina ha annunciato un’iniziativa di cooperazione che coinvolgerà, per il momento, 9 paesi dell'America Latina. A guidare la transizione energetica verso le rinnovabili sarà la Colombia, il cui obbiettivo per il 2030 e quello del 70% di energia pulita nel mix energetico.
9 paesi dell’America Latina e i Caraibi si preparano alla transizione energetica, puntando anche al 100% di rinnovabili
(Rinnovabili.it) – America Latina e Caraibi puntano (quasi) tutto sulle rinnovabili. Responsabili solo in minima parte delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, i piccoli stati insulari caraibici e le regioni del Centro e Sud America (Brasile escluso) sono in prima linea per quanto riguarda la transizione energetica, sia in fatto di politiche che di investimenti.
Oltre al recente rapporto Future of Solar Photovoltaic pubblicato dall’International Renawable Energy Agency (IRENA), a confermarlo è l’iniziativa illustrata martedì scorso dall’Organizzazione energetica dell’America Latina (OLADE) durante la COP25 di Madrid. L’obiettivo per il 2030 (certamente ambizioso, ma non impossibile) consiste nel raggiungimento del 70% di rinnovabili (eolico, solare e biomassa) nella quota energetica di 9 paesi, attraverso l’istallazione di una capacità totale pari a 312 GW. Una strategia che dimostra i forti desideri dell’America Latina e dei Caraibi di sfruttare le opportunità economiche offerte dalla transizione energetica, assumendo una posizione più forte rispetto ai temi della mitigazione climatica e dello sviluppo sostenibile.
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Supportata da Cile, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Haiti, Honduras, Perù e Repubblica Dominicana, a guidare la transizione sarà la Colombia, il cui obiettivo è l’istallazione di almeno 4 GW di energia rinnovabile entro il 2030. Data entro la quale diversi stati insulari dei Caraibi, tra cui Aruba, Dominica, Grenada e Montserrat, prevedono di raggiungere il 100% di rinnovabili nella propria quota energetica.
Insieme ad altri piccoli stati facenti parte degli Small Island Developing States (SIDS), le isole dei Caraibi, infatti, sono tra le regioni che, nonostante la loro impronta di carbonio trascurabile, stanno subendo i più gravi impatti del cambiamento climatico e degli eventi meteorologici estremi. Se le temperature dovessero salire oltre l’1,5 °C, gli atolli del Pacifico (e in generale le isole più piccole sparse dall’Atlantico all’Oceano Indiano) saranno con ogni probabilità sommerse dall’acqua. “Ci troviamo di fronte ad un’emergenza planetaria di proporzioni enormi“, hanno detto i leader dei 44 stati dell’AOSIS (Alleanza dei Piccoli Stati Insulari), proprio in apertura dei colloqui di Madrid. “Gli impatti sono reali e attuali per le persone che vivono sulle isole più piccole. Non possiamo accettarlo come un destino inevitabile”.
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