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Solare a concentrazione: più efficiente con le particelle solide

La nuova tecnologia permette di aumentare la temperatura di lavoro del fluido di termovettore e del mezzo di accumulo

solare a concentrazione

 

Il solare a concentrazione abbandona i sali fusi per la sabbia

(Rinnovabili.it) – Dai sali fusi alla sospensione di particelle solide: il solare a concentrazione ha compiuto un nuovo salto tecnologico in grado di renderlo fino a due volte più efficiente. La chiave dell’innovazione si chiama PHR, acronimo di Particle Heating Receiver, un assorbitore studiato per gli impianti termodinamici a torre solare, in cui scorre una sospensione densa di gas e particelle. A differenza dei fluidi termovettori più convenzionali, le particelle solide sono in grado in grado di catturare e conservare il calore a temperature più elevate. I test effettuati hanno dimostrato che possono innalzare la temperatura operativa fino a 1.000° C (quasi il doppio rispetto ai sali fusi).

 

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Concettualizzata per la prima volta nel centro di ricerca Sandia National Laboratories, la tecnologia PHR ha fatto rapidamente il giro del mondo. In Europa, un consorzio di enti di ricerca e PMI ha condotto, dal 2011 al 2015, il progetto CSP2 (Concentrated solar power in particles) realizzando un primo circuito sperimentale destinato alla Centrale solare termodinamica di Odeillo.

Sullo stesso filone di ricerca è il lavoro che oggi sta conducendo Hany Al-Ansary, professore d’ingegneria meccanica alla King Saud University (KSU) assieme ad un team di collaboratori internazionali. L’obiettivo in questo caso è quello di portare il solare a concentrazione a particelle solide dal laboratorio alla commercializzazione nel più breve tempo possibile. L’approccio della KSU si basa sull’impiego di semplice sabbia rossa fatta fluire attraverso una cavità del ricevitore solare nella torre. Nel design proposto dall’ateneo arabo, i serbatoi di accumulo per l’acqua calda e quella fredda possono essere impilati direttamente all’interno della torre solare, assieme allo scambiatore di calore, riducendo i costi energetici dell’impianto.

 

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Al pari dei sali fusi, la sabbia perde meno dell’1% dell’energia immagazzinata quotidianamente, ma può raggiungere una temperatura due volte superiore. I quasi 1000° C raggiunti aumentano l’efficienza, facendo sì che i ricevitori solari a particelle solide si adattino bene ai cicli termodinamici ad alta efficienza, come ad esempio la CO2 in fase supercritica e cicli combinati, e consentendo all’energia solare di sostituire i combustibili fossili nei processi termochimici ad alta temperatura. “Siamo entusiasti della sabbia perché non importa quanto te ne serva, il costo è quasi nullo”, ha sottolineato Al-Ansary. “Quando parli, invece, di migliaia di tonnellate di materiale ingegnerizzato, a un certo punto (il costo) può diventare proibitivo”. La Saudi Electricity Company sta finanziando il progetto e intende entrare nella fase di pianificazione del processo commerciale prevista per questo stesso anno.