(Rinnovabili.it) – Si dice che Archimede abbia difeso la città di Siracusa dalla flotta del generale romano Marco Claudio Marcello impiegando micidiali raggi della morte ad energia solare. Gli studenti del MIT hanno dimostrato che è veramente possibile dare fuoco ad una ricostruzione di una nave romana concentrandovi la luce riflessa da 300 scudi di bronzo lucidato.
Un paio di millenni dopo, su ispirazione di questa idea, è nata la Centrale Solare Termodinamica che porta proprio il nome di Archimede. Realizzata dal Nobel italiano Carlo Rubbia nel 2010 a Priolo Gargallo, è composta da trentamila metri quadrati di specchi parabolici che concentrano i raggi solari nel loro fuoco geometrico.
A partire dal 2010, in tutto il mondo sono state sviluppate diverse tecnologie simili. Molti ricercatori hanno sperimentato varie miscele di sali o oli diatermici, ma purtroppo ci si è dovuti scontrare con tre gravi limiti che rendono questa tecnologia poco efficiente per la produzione di energia termica o elettrica: il problema degli specchi, il problema del fluido termovettore e quello del tubo ricevitore.
Tre ostacoli superati con un solo salto tecnologico
Al Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara gli esperti hanno realizzato un prototipo di impianto solare a concentrazione più efficiente rispetto alla media. Questo esperimento ha permesso di aggirare i tre gravi limiti che rendono la tecnologia ancora poco efficiente per la produzione di energia termica o elettrica: il peso degli specchi, il raffreddamento dei sali e le caratteristiche del tubo ricevitore.
In collaborazione con il Politecnico di Milano e il MIT, i pesanti specchi in vetro metallizzato curvati a caldo sono stati sostituiti da pellicole di materiale polimerico riflettente, con una riduzione di peso e costi di investimento per il sistema di orientamento e la costruzione, che può essere affidata a manodopera non specializzata, incentivando l’imprenditorialità locale in paesi meno sviluppati. In un solo colpo, queste innovazioni hanno permesso di tagliare i costi del 50% sull’intero impianto e del 75% sui soli specchi.
Per mettere a punto la centrale solare a specchi ideale servivano però altre accortezze: così, i ricercatori del Centro Eni di Novara sono intervenuti sui fluidi termovettori, realizzati con miscele ternarie e quaternarie di sali che anche a temperature di 90 °C non solidificano. Grazie a questo progetto si è dunque ridotta drasticamente l’energia necessaria a mantenere l’impianto in condizioni ottimali anche di notte.
Per dare al tubo ricevitore le caratteristiche necessarie – alta assorbenza e contemporaneamente bassa emissività – è stato inventato un nuovo tipo di rivestimento, combinando quattro strati metalloceramici che permettono al calore in ingresso di non dissiparsi più.
Oggi queste tre soluzioni potrebbero rappresentare la risposta alle principali criticità del solare a concentrazione, ritenuto una tecnologia scarsamente interessante dal punto di vista economico e poco efficiente. I primi impianti che sperimenteranno le innovazioni uscite dal centro di ricerca piemontese sono in costruzione a Gela e ad Assemini, due luoghi celebri per impianti fossili, che oggi provano a guardare al sole come nuova risorsa per la produzione energetica.
In collaborazione con Eni