(Rinnovabili.it) – Ricordate Desertec, il mega progetto per lo sfruttamento dell’energia solare ed eolica del Nord Africa e del Medio Oriente e la realizzazione di una supergrid di collegamento tra le centrali di produzione e l’Europa? Ideato tra il 2003 e il 2007 grazie alla TREC (Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation) e accolto da più finanziatori con acceso entusiasmo, il progetto ha ricevuto negli anni duri colpi, al punto da aver fatto perdere quasi completamente traccia di sé. L’obiettivo, senza dubbio ambizioso, era quello di contribuire a fornire, entro il 2050, fino al 15% di energia al Vecchio Continente. A 5 anni dalla creazione della Desertec Industrial Initiative (Dii), la cordata di aziende coinvolte insieme all’omonima Fondazione, però solo tre dei 19 azionisti iniziali sono ancora a bordo: l’ACWA Power IPO-ACWA.SE dell’Arabia Saudita, la tedesca RWE e la cinese State Grid.
Dopo il clamoroso abbandono di due colossi come Siemens e Bosch e della stessa Fondazione Desertec infatti, ad annunciare l’uscita dal progetto sono stati nei mesi scorsi anche Eon, Bilfinger e la HSH Nordbank a cui è seguito anche l’annuncio d’addio da parte del CEO del consorzio, Paul van Son. Ed è stato proprio van Son, a margine di un incontro a Roma tra i soci rimasti, a spiegare ai giornalisti cosa stia realmente accedendo a Desertec: “I costi sono molto elevati e alcune aziende hanno detto di non essere interessate al Medio Oriente e al Nord Africa”. Il budget stimato per la faraonica impresa è infatti di 400 miliardi di euro che complice la crisi politica che ha investito gli Stati del Nord Africa, hanno imposto una repentina marcia indietro anche ai partner più convinti.
I “superstiti” assicurano di voler continuare a portare avanti il progetto anche se in un formato “adattato”, magari nelle vesti, si mormora, di una società di servizi.