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Collettori parabolici a sali fusi, dalla ricerca al commercio

Collettori parabolici a sali fusi
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Verso sistemi CSP di nuova generazione

È tempo per l’Europa di riprendere in mano il solare termodinamico e aggiungere anche questo segmento alle leve della transizione energetica. Per farlo arrivano in aiuto progetti come EuroPaTMoS, iniziativa di ricerca europea realizzata nell’ambito del programma Horizon 2020 e condotta da 9 partner tra aziende, istituti e università, tra cui l’agenzia italiana ENEA. L’obiettivo del progetto? Riunire le competenze e le infrastrutture di test europee per accelerare l’industrializzazione dei collettori parabolici a sali fusi.

Avviato nel 2021 con un budget di oltre 3 milioni di euro, EuroPaTMoS oggi si appresta a tirare le somme, creando un collegamento stabile per ulteriori future azioni comuni di ricerca e sviluppo in questo segmento tra i paesi partecipanti. Ossia Germania, Spagna e Portogallo e Italia.

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Solare termodinamico a collettori parabolici, come funzionano?

I collettori parabolici rappresentano una delle coniugazioni funzionali del solare a concentrazione (CSP), assieme agli impianti a torre, i riflettori Fresnel e i riflettori parabolici circolari (Dish Stirling). La sua origine va collocata addirittura alla fine del 1800, ma per ottenere i primi impianti commerciali in Europa si è dovuto attendere a lungo. E sebbene oggi il vecchio Continente vanti grandi installazioni, sono perlopiù localizzate in Spagna e la regione è rimasta piuttosto inattiva negli ultimi anni.

La tecnologia impiega specchi curvi che inseguono il sole per massimizzare l’energia solare raccolta e di conseguenza l’efficienza della produzione di calore. I raggi vengono catturati e riflessi su un tubo ricevitore riempito con un fluido termovettore – spesso un olio sintetico –  che si trova nel punto centrale delle vasche. Il fluido scaldato a circa 150-300 ºC viene utilizzato per generare vapore, a sua volta impiegato per produrre elettricità tramite una turbina.

Perché usare i sali fusi al posto dell’olio? In primo luogo, i sali sono abbondanti e relativamente economici, il che rende questa soluzione di stoccaggio economicamente vantaggiosa. In secondo luogo, l’elevata capacità e conduttività termica dei sali consentono un efficiente accumulo e recupero dell’energia. Inoltre, possono trattenere il calore per lunghi periodi, riducendo gli sprechi e aumentando l’efficienza complessiva dell’impianto CSP.

Collettori parabolici a sali fusi

La tecnologia dei collettori parabolici a sali fusi si basa sull’attuale tecnologia commerciale degli impianti a collettori parabolici lineari ad olio”, spiega il responsabile del progetto per ENEA, Walter Gaggioli, che dirige la Divisione Smart sector integration e generazione distribuita da FER. “Il progetto si propone di accelerare il trasferimento dalla ricerca e sviluppo all’implementazione commerciale riducendo i rischi tecnologici connessi all’impiego di macro-tecnologie, con un TRL 5 la cui fattibilità è già stata ampiamente dimostrata a livello di impianto pilota”.

Il progetto ha come obiettivo quello di creare un concetto di controllo del processo basato su un campo solare virtuale, da convalidare su un circuito di collettori di dimensioni reali che consenta la simulazione hardware-in-the-loop di un campo CSP completo. Inoltre sta lavorando per sviluppare e dimostrare procedure O&M per operazioni eccezionali relative ai sali fusi e progettare un tubo ricevitore ad alte prestazioni, convalidandolo nell’ambiente.

In questo contesto ENEA seguirà dei test sul funzionamento di alcuni componenti critici dell’impianto al fine del loro utilizzo in circuiti a sali fusi, senza aumentare il livello di rischio tecnologico dovuto a malfunzionamenti o rotture in esercizio. I ricercatori dell’Agenzia italiana, inoltre, valideranno processi per migliorare l’operatività e la manutenzione dell’impianto ed elaboreranno procedure di emergenza per evitare danni causati dalla solidificazione accidentale dei sali.

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