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Il termofotovoltaico a contatto diretto sfida le leggi della fisica

Un nuovo dispositivo termofotovoltaico converte il calore di scarto in elettricità, sfidando la legge di Planck sulla radiazione termica. Grazie ad design "a zero spazio vuoto", aumenta la densità di potenza senza richiedere alte temperature

Il termofotovoltaico a contatto diretto sfida le leggi della fisica
Il dispositivo termofotovoltaico a contatto diretto, progettato dal Cui Research Group. Credito: Jesse Morgan Petersen/CU Boulder College of Engineering and Applied Science

Arriva dagli Stati Uniti l’ultima innovazione in grado di migliorare le tecnologie per il recupero del calore di scarto. Un gruppo di ingegneri dell’Università del Colorado Boulder in collaborazione con colleghi dell’Università del Wisconsin e del National Renewable Energy Laboratory (NREL), hanno creato un innovativo termofotovoltaico a contatto diretto in grado di sfidare le leggi fisiche sulla radiazione termica.

Secondo il gruppo il nuovo dispositivo avrebbe una potenzialità rivoluzionaria nell’aiutare industrie, impianti manifatturieri e persino centrali energetiche a sfruttare le perdite di calore senza bisogno di altissime temperature o materiali costosi.

Termofotovoltaico, come funziona?

Il funzionamento del termofotovoltaico (TPV) è semplice. Questi dispositivi impiegano celle solari per convertire gli infrarossi della radiazione termica, emessa da un corpo caldo, in elettricità. Tuttavia a differenza del fotovoltaico tradizionale, possono sfruttare l’energia termica da qualsiasi fonte di calore ad alta temperatura.

Per comprenderne le prestazioni è necessario studiarne da vicino l’architettura. Il TPV tradizionale, chiamato anche termofotovoltaico a campo lontano (“far-field”), è costituito da un emettitore termico e una cella fotovoltaica separati da un piccolo spazio sotto vuoto o riempito d’aria

Secondo la letteratura TPV, le unità solari sono principalmente composte da semiconduttori a banda proibita molto stretta III-V o II-VI, come arseniuro di indio (InAs), seleniuro di piombo (PbSe), antimoniuro di indio (InSb), germanio (Ge) e antimoniuro di gallio (GaSb).

I limiti della legge di Planck sul TPV far field

Per questa tecnologia le due principali metriche di prestazione sono l’efficienza e la densità di potenza (W/cm2). E mentre nel primo campo sono stati raggiunti risultati entusiasmanti, con efficienze di conversione in media tra il 33 e il 44%, il secondo ha ricevuto molta meno attenzione. Questa variabile fisica è legata alla temperature operative: in teoria, maggiori sono quest’ultime, più elevata sarà la densità di potenza.

Su fattore pesano i limiti della legge di Planck sulla radiazione del corpo nero. “La legge di Planck, una delle leggi più fondamentali della fisica termica, pone un limite all’energia termica disponibile che può essere sfruttata da una fonte ad alta temperatura a qualsiasi temperatura data”, spiega il professore Longji Cui della CU Boulder. “I ricercatori hanno cercato di avvicinarsi o superare questo limite utilizzando molte idee, ma i metodi attuali sono eccessivamente complicati per produrre il dispositivo, costosi e non scalabili”.

Il termofotovoltaico a contatto diretto o zero-vacuum gap

È qui che entra in gioco il lavoro di Cui e colleghi. Il team ha realizzato un termofotovoltaico a contatto diretto, o per meglio dire a “zero-vacuum gap” (letteralmente “a zero spazio vuoto”). Piccolo e compatto il dispositivo è in grado di superare il limite definito dalla legge di Planck e raddoppiare la densità di potenza ottenuta dai TPV convenzionali a temperature moderate.

Spiegano gli scienziati: “Incorporando un distanziatore in quarzo fuso […] ad alto indice, trasparente agli infrarossi e termicamente isolante, abbiamo ottenuto un aumento doppio della densità di potenza rispetto alla controparte in campo lontano in condizioni identiche. In particolare, nel nostro esperimento, il design a contatto diretto trasforma un dispositivo far-field a bassa densità di potenza e meno ottimizzato in uno con una delle più alte densità di potenza segnalate a temperature di 700-1100 °C”.

Il quarzo funziona come una sorta di canale che permette agli infrarossi di viaggiare attraverso il dispositivo senza perdere forza. E per il gruppo potrebbero esistere altri materiali in grado di ottenere risultati ancora maggiori.

I risultati

“In precedenza, quando le persone volevano aumentare la densità di potenza, dovevano aumentare la temperatura. Diciamo un aumento da 1.500 °C a 2.000 °C. A volte anche di più, il che alla fine diventa non tollerabile e pericoloso per l’intero sistema energetico”, ha sottolineato il professor Cui. “Ora possiamo lavorare a temperature più basse, compatibili con la maggior parte dei processi industriali, continuando a generare la stessa quantità di energia elettrica. Il nostro dispositivo funziona a 1.000 °C e produce la stessa energia che genererebbero i TPV esistenti a 1.400 °C”.

I risultati appaiono nell’articolo pubblicato su Science.

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