Il GSE traccia il quadro statistico per i sistemi di distribuzione sotterranea dell'energia termica. Raggiunti oltre 280 comuni con un'estensione complessiva di 5000 km. Ma l'83% è ancora alimentato a fonti fossili
(Rinnovabili.it) – Crescono le reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento in Italia, confermandosi come una realtà sempre più consolidata nel Belpaese. Secondo l’ultimo aggiornamento del GSE, alla fine del 2019 risultavano in esercizio circa 330 sistemi di riscaldamento (o raffrescamento) a distanza diffusi in oltre 280 comuni. Parliamo di un insieme di reti estese complessivamente 5.000 km e alimentate da 9,6 GW di potenza installata; ben 30 impianti in più rispetto al 2018, per un incremento di capacità di circa 300 MW.
I numeri appartengono al report teleriscaldamento e teleraffrescamento in Italia, con cui il Gestore traccia annualmente il quadro di sviluppo e diffusione della tecnologia. Le informazioni riportate nel documento distinguono i sistemi che per l’anno 2019 rientrano nella definizione di «teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti» (D.lgs. 102/2014, art 2), ossia sistemi che usino, in alternativa, almeno: il 50% di energia derivante da fonti rinnovabili; il 50% di calore di scarto; il 75% di calore cogenerato; il 50% di una combinazione delle precedenti. Si tratta di realtà diffuse soprattutto nel nord Italia, ma una piccola rappresentanza anche nelle regioni del centro. E ovviamente con una prevalenza di reti di teleriscaldamento su quelle di teleraffrescamento.
Quello che emerge dal rapporto GSE è come il comparto soddisfi oggi circa il 2% della domanda complessiva di prodotti termici residenziali a livello nazionale. E come la quota verde sia ancora molto ridotta.
L’83 per cento degli impianti a servizio di tali reti dipende, infatti, da fonti fossili impiegate in assetto cogenerativo. Rinnovabili e calore di scarto coprono il restante 17 per cento. Uno squilibrio che si avverte soprattutto con l’aumento delle dimensioni del sistema. “L’incidenza degli impianti alimentati da rinnovabili diminuisce man mano che cresce la taglia degli stessi”, spiega il GSE.
Per la precisione, nel 2019 l’energia complessivamente immessa in queste reti è stata pari a circa 11,9 TWh termici (oltre 1 Mtep), di cui il 63% prodotta da gas naturale e il 25% da fonti green. Scendendo di dettaglio, il rapporto mostra l’esistenza di 331 reti di teleriscaldamento distribuite in 13 regioni e province autonome per un’estensione totale di quasi 5.000 km; di questi, il 50% circa si concentra nei 113 comuni della Lombardia e del Piemonte.
A livello di fonte impiegata, Piemonte, Liguria, Umbria, Marche e Lazio si contraddistunguono per un uso quasi esclusivo di gas naturale. In Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Trento e Bolzano risulta molto diffusa anche la biomassa solida. La Toscana si differenzia, invece, per un elevato impiego di fonti geotermiche.