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Evoluzione del solare termico per la produzione di energia termica ed elettrica

Negli ultimi anni, la ricerca nel settore del solare termico si è incentrata per lo più in due ambiti: miglioramento dell’efficienza ottica tramite l’utilizzo di sistemi di inseguimento; utilizzo di fluidi termovettori con proprietà termofisiche migliorate

di Gianluca Coccia

(Rinnovabili.it) – Il consumo globale di energia negli ultimi 20 anni è stato molto significativo e la tendenza è in continua crescita soprattutto a causa dell’aumento della popolazione mondiale. Sebbene la domanda di energia elettrica rappresenti un contributo della massima rilevanza, non deve essere trascurata la domanda di energia termica soprattutto in settori come quello civile ed industriale. Secondo l’IEA, ad oggi la produzione di energia termica rappresenta circa il 50% dei consumi finali globali di energia. Ad esempio, nel 2011 la domanda di energia termica per l’industria, gli edifici ed altri settori ha raggiunto 172 EJ, e di questa almeno il 75% è stata soddisfatta attraverso combustibili fossili, che hanno portato a circa 10 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 equivalente in un anno. Risulta dunque evidente che tale rilevante richiesta di energia termica debba essere soddisfatta quanto più possibile attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili.

Come noto, l’energia solare è la fonte energetica più abbondante sulla Terra. In aggiunta alla conversione in energia elettrica possibile attraverso tecnologie di tipo fotovoltaico, l’energia solare può essere trasferita sotto forma di calore per soddisfare diversi utilizzi: produzione di acqua calda sanitaria, riscaldamento e raffrescamento di ambienti (quest’ultima modalità possibile grazie all’utilizzo di cicli frigoriferi ad assorbimento), processi industriali (produzione di vapore tecnologico, pastorizzazione, essiccamento, ecc.), conversione in energia elettrica, ma anche cottura dei cibi. In merito agli utilizzi di tipo residenziale, va fatto notare che l’energia termica prodotta attraverso il solare termico è cresciuta rapidamente negli ultimi anni (crescita annuale del 12% dal 2000 al 2011). La conversione in energia elettrica invece, al fine di garantire buone efficienze di conversione, richiede collettori in grado raggiungere temperature piuttosto elevate, dell’ordine di 400 °C.

Impianti di questo tipo si basano essenzialmente su cicli Rankine a vapore dove il tradizionale generatore di vapore alimentato a combustibili fossili viene sostituito (o quanto meno integrato) da un sistema a collettori solari. Riguardo la cottura di cibi, tale modalità è di notevole interesse soprattutto per i Paesi in via di sviluppo, dove in genere viene usato legname come fonte principale per la cottura di cibi, con tutte le conseguenze del caso (deforestazione, emissioni dovute alla combustione, malattie degli occhi e dei polmoni, ecc.). Vale la pena notare che nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo vi è abbondante disponibilità di radiazione solare durante l’anno (una media giornaliera di circa 5-7 kWh/m2), e ciò rappresenta una possibilità da non sottovalutare per le Nazioni con maggiori difficoltà sociali ed economiche.

La conversione di energia solare in energia termica richiede l’utilizzo di sistemi in grado di consentire un trasferimento di calore. Tali dispositivi vengono chiamati collettori solari termici. Il loro principio di funzionamento è ben noto: una superficie nera viene esposta alla radiazione solare, così che possa accumulare energia termica ed aumentare la propria temperatura. Una parte di questa energia viene quindi trasferita sotto forma di calore ad un fluido termovettore, in genere acqua o aria. I collettori solari possono essere classificati secondo due gruppi: collettori stazionari e collettori a concentrazione.

La differenza tra le due tipologie sta nel fatto che nei primi l’area di captazione della radiazione solare coincide con l’area di assorbimento della stessa, mentre nei secondi l’area di captazione può essere notevolmente superiore a quella di assorbimento, in quanto vengono usate superfici riflettenti o rifrangenti che intercettano e focalizzano la radiazione solare su un’area di assorbimento più piccola. Come si può intuire dalla definizione, i collettori stazionari restano fissi nel tempo in una certa posizione, mentre i collettori a concentrazione sono in grado di inseguire il Sole nel suo moto relativo rispetto alla Terra tramite particolari sistemi di inseguimento mono-assiali o bi-assiali. L’inseguimento può essere effettuato manualmente, correggendo l’orientamento del collettore una o due volte al giorno, oppure in modo automatico, tramite sistemi di movimentazione dedicati. I sistemi di inseguimento automatico permettono di raggiungere efficienze ottiche superiori, ma sono più costosi e più inclini a malfunzionamenti.

L’appartenenza o meno di un collettore solare ad una delle due categorie appena discusse può essere valutata in modo molto semplice attraverso la definizione di un parametro adimensionale chiamato rapporto di concentrazione geometrico, C, definito come:

dove Aa è l’area della superficie di captazione del collettore (chiamata anche area di apertura) e Ar è l’area della superficie di assorbimento (detta anche area di ricezione). In base a quanto detto prima, i collettori di tipo stazionario avranno C pari ad 1 (o leggermente maggiore di 1), mentre i collettori a concentrazione avranno C maggiore di 1; quanto più C è elevato, tanto più il collettore è in grado di concentrare ingenti quantità di radiazione solare, e quindi di raggiungere sulla sua superficie assorbente temperature più elevate.

Si può dimostrare, in base al secondo principio della termodinamica, che il rapporto di concentrazione di un collettore solare può assumere un valore massimo teorico; questo è pari a circa 216 nel caso di collettori ad inseguimento solare su un singolo asse, e pari a circa 46’747 nel caso di collettori ad inseguimento totale (su due assi). All’aumentare del valore del rapporto di concentrazione, il collettore sarà sempre meno in grado di sfruttare la componente diffusa della radiazione solare, ovvero il contributo dato dalla riflessione casuale di radiazione solare da parte di particelle di vario tipo presenti nell’atmosfera (per lo più polveri e vapore acqueo); questo perché le superfici riflettenti/rifrangenti riescono a focalizzare correttamente solo la componente diretta della radiazione solare, ovvero quella che dal Sole giunge indisturbata sulla superficie di captazione. In genere, il contributo dato dalla radiazione diffusa si ritiene trascurabile per C > 10.

Le superfici riflettenti/rifrangenti possono essere di vario tipo: piane, paraboliche, sferiche. Possono focalizzare la radiazione solare su un punto, una linea oppure, nel caso di collettori senza focalizzazione, su una piccola area. Le superfici di assorbimento possono invece avere forma piana, convessa o concava, e includere o meno una superficie trasparente al fine di contenere le perdite di calore verso l’ambiente. La tabella che segue mostra i principali tipi di collettore solare presenti sul mercato, suddivisi in base al rapporto di concentrazione ed al tipo di sistema di inseguimento. Si nota chiaramente che le temperature più elevate sono possibili solo con collettori a concentrazione con inseguimento totale, sistemi caratterizzati da valori di C molto elevati.

CollettoreInseguimentoAssorbitoreCTemperature (°C)
PianoStazionarioPiano130-80
A tubi evacuatiStazionarioPiano150-200
Composto parabolicoStazionarioTubolare1-560-240

Mono-assialeTubolare5-1560-300
Parabolico assialeMono-assialeTubolare10-8050-400
A lenti FresnelMono-assialeTubolare10-4060-250
A disco parabolicoBi-assialePuntiforme600-2000100-1500
Ad eliostatiBi-assialePuntiforme300-1500150-2000

Negli ultimi anni, la ricerca nel settore del solare termico si è incentrata per lo più in due ambiti: a) miglioramento dell’efficienza ottica tramite l’utilizzo di sistemi di inseguimento più sofisticati e superfici di apertura caratterizzate da materiali ad elevato coefficiente di riflessione solare; b) utilizzo di fluidi termovettori con proprietà termofisiche migliorate. Riguardo quest’ultimo ambito, numerosi studi hanno valutato l’utilizzo di nanofluidi come fluidi termovettori, ovvero fluidi a base di acqua o miscele acqua/glicole etilenico che contengono sospensioni nanometriche di particelle solide di vario tipo: metalli, ossidi metallici, materiali ceramici, nanotubi di carbonio (CNT, carbon nanotubes) o nanocorni di carbonio (CNH, carbon nanohorns).

La presenza delle nanoparticelle solide consente un notevole incremento della conducibilità termica del nanofluido rispetto al fluido di base, e questo permette di migliorare in modo considerevole il coefficiente di scambio termico convettivo tra fluido e parete dell’assorbitore; ne risulta un’efficienza termica del collettore solare incrementata. Il vantaggio nell’utilizzo di nanofluidi può essere portato al limite grazie al concetto di collettore solare ad assorbimento diretto (DASC, direct absorption solar collector), che vede la rimozione dell’assorbitore metallico tradizionale; in questo caso, l’assorbimento della radiazione solare è direttamente a carico del nanofluido termovettore, che contiene nanoparticelle ad elevato coefficiente di assorbimento solare. La rimozione dell’assorbitore metallico permette di semplificare il collettore e di incrementare ulteriormente l’efficienza termica.

Applicazioni commerciali a base di nanofluidi non sono ancora disponibili, in quanto sono ancora notevoli le problematiche da risolvere: è importante che il processo di preparazione del nanofluido sia svolto in modo accurato (per esempio, privilegiando preparazioni a passaggio unico rispetto a passaggio doppio; queste ultime sono più semplici ed economiche ma presentano esiti più incerti sulla qualità finale del nanofluido prodotto), che non vi sia sedimentazione delle nanoparticelle e che l’incremento di viscosità del fluido dato dall’aggiunta di nanoparticelle sia valutato in modo opportuno. Oltre a questi aspetti si deve anche considerare l’eventuale pericolosità di questi fluidi, non ancora del tutto ben delineata. La ricerca è molto attiva nel settore dei nanofluidi, specie nel campo del solare termico, e negli ultimi tempi alle valutazioni di tipo numerico si stanno aggiungendo diverse valutazioni di tipo sperimentale, che consentono di determinare con maggior precisione i vantaggi e i difetti di queste soluzioni.