(Rinnovabili.it) – Mantenendo invariate tutte le politiche energetiche attuate in Europa fino al 2030, il mix energetico nel settore del riscaldamento e raffrescamento si sposterà su quote rinnovabili sempre maggiori. Maggiori ma non grandi abbastanza da soddisfare la Strategia europea, il piano pubblicato a febbraio del 2016 per ottimizzare i consumi termici di edifici e industrie.
Il settore rappresenta circa il 50% del consumo energetico annuale dell’Unione Europea e di conseguenza anche una quota elevata delle sue emissioni di CO2. Nonostante l’uso di fonti energetiche rinnovabili sia aumentato negli ultimi dieci anni, il settore è ancora ampiamente dominato dai combustibili fossili nella maggior parte dei paesi europei. Senza alzare l’ambizione delle attuali politiche nazionali, il contributo delle green energy nel consumo di energia primaria per riscaldamento e raffrescamento, passerebbe dal 18% (dato 2015) ad un 25,9% entro il 2030. Una parte del merito però andrebbe alla prevista riduzione dei consumi, stimata – in uno scenario conservativo – pari al 7% rispetto i livelli attuali e legata essenzialmente alla maggiore efficienza degli edifici. In questo contesto le emissioni totali di CO2 legate al comparto calerebbero di circa il 22,5%, passando dai 1.427 milioni di tonnellate del 2012 ai 1.106 milioni di tonnellate nel 2030.
Esiste tuttavia un potenziale molto più vasto e ancora non sfruttato che porterebbe la quota di fer oltre il 27%. Le previsioni sono quelle del report commissionato da Bruxelles ad alcuni istituiti di ricerca, tra cui il Fraunhofer Institute for Systems and Innovation Research. Il documento mira a fornire una valutazione globale di tutto settore del riscaldamento/raffrescamento nell’UE, comprendendo anche Svizzera, Norvegia e Islanda. Sono fornite inoltre le analisi degli scenari fino al 2020 e il 2030, e un documento a carattere economico assieme all’individuazione l’individuazione di ostacoli, buone pratiche e raccomandazioni politiche per il comparto.
Ma gli autori avvertono: nonostante l’importanza della materia, i dati rilevanti sono spesso difficili da reperire e basati su definizioni e metodi diversi nei singoli paesi. Ostacoli che l’Europa sta cercando lentamente di risolvere sia attraverso direttive ad hoc che tramite azioni non legislative tra cui, ad esempio, la promozione di modelli collaudati per l’efficienza energetica di edifici scolastici e ospedali pubblici.