di Claudia Fabiani, Chiara Chiatti e Anna Laura Pisello
(Rinnovabili.it) – Il “daytime radiative cooling” (DRC), o raffreddamento nelle ore diurne, è una tecnica che sfrutta la differenza di temperatura tra l’atmosfera terrestre e lo spazio esterno freddo per ottenere il raffreddamento di una superficie senza bisogno di consumo di energia. Questo processo avviene mediante la dissipazione del calore tramite l’emissione di radiazione termica in specifiche regioni regione dello spettro elettromagnetico, conosciute come finestre atmosferiche, che si estendono tra gli 8 e i 13 μm di lunghezza d’onda ed in altre aree ad oggi meno esplorate. L’energia emessa in questa gamma di lunghezze d’onda, in condizioni ottimali, riesce ad attraversare l’atmosfera terrestre senza essere riflessa, trasferendo calore direttamente alla volta celeste che, per sua natura, è molto più freddo e capace di assorbire grandi quantità di calore.
Sfruttando questo processo, una superficie emittente può potenzialmente raggiungere una temperatura anche di molto inferiore a quella dell’atmosfera in cui si trova. Per intenderci, in una calda giornata estiva nei nostri climi, con temperatura dell’aria a 35°C, è possibile che i materiali di rivestimento in grado di produrre effetto DRC si trovino anche ad una temperatura superficiale di 20-30°C, come più volte dimostrato a livello sperimentale.
Negli ultimi anni lo sviluppo di materiali funzionali per il raffreddamento radiativo passivo diurno (DRC) è diventato un’area di ricerca strategica nel campo della scienza dei materiali e della termodinamica applicata, che vede uno degli obiettivi principali di applicazione quello di elaborare sistemi di involucro urbano per ridurre il consumo energetico negli edifici e mitigare fenomeni climatici locali estremi quali l’isola di calore urbana (UHI), ovvero l’eccessivo aumento della temperatura dell’aria (e delle superfici antropizzate) all’interno delle città rispetto alle zone circostanti non urbane, più verdi e meno densamente popolate.
Le superfici dell’ambiente urbano, come le pavimentazioni, i tetti e le pareti degli edifici, occupano più dell’80% della pelle urbana esposta alla radiazione solare e, tendendo a surriscaldarsi maggiormente per le caratteristiche intrinseche scarsa riflettanza solare, chiaramente influenzano il bilancio energetico delle città e quindi esacerbano ancor più la vulnerabilità della popolazione urbana durante le ondate di calore estive, rispetto alle aree rurali. Inoltre, l’alta densità degli edifici e la presenza di strade e parcheggi limitano la circolazione dell’aria e ostacolano altri meccanismi benefici relativi ad esempio alla ventilazione naturale. Questi fattori contribuiscono ad aumentare la temperatura dell’aria e a creare una sorta di “isola” di calore, per l’appunto, che ha dimostrato di produrre effetti negativi sulla salute umana, aumentando il rischio di colpi di calore e malattie correlate alle ondate di calore, e sulla qualità dell’aria, aumentando la formazione di smog e inquinamento atmosferico, ancor più in aree già affette da povertà energetica. Ecco perché viene considerata promettente la possibilità di scalare la tecnologia del raffrescamento radiativo diurno in ambito civile, poiché applicando sulle superfici costruite uno strato capace di effettuare lo scambio radiativo con lo spazio esterno, si potrebbe addirittura contribuire al raffrescamento dell’atmosfera terrestre.
Ad oggi, le tipologie di DRC più studiate si distinguono in materiali spettralmente selettivi e materiali chiamati “broadband”, in base a come emettono la radiazione termica. Entrambe le tipologie, infatti, riflettono gran parte della radiazione solare incidente, ma i DRC selettivi emettono specificatamente nel range di lunghezze d’onda delle finestre atmosferiche, garantendo riduzioni di temperatura superficiale potenzialmente più significative. I DRC broadband, invece, emettono non solo nella finestra atmosferica, ma anche nelle altre lunghezze d’onda dell’infrarosso.
In letteratura, si identificano poi diverse categorie di DRC, tra cui: sistemi multistrato, metamateriali, strutture per il raffreddamento radiativo con particelle distribuite, materiali biomimetici, materiali adattivi e materiali colorati.
I DRC multistrato e i metamateriali sono caratterizzati tipicamente da un comportamento selettivo e sono tra le prime tipologie di DRC ad essere state studiate e validate sperimentalmente con temperature di raffrescamento fino a circa 10°C rispetto alla temperatura dell’aria, in condizioni meteorologiche ottimali (cielo sereno e basso tasso di umidità). I film inorganici multistrato hanno necessità di un attento design di sistema che combini una forte riflettività della radiazione solare ad un’elevata emissività nella finestra atmosferica, ma hanno dimostrato di poter garantire abbassamenti della temperatura fino a 8-9°C al di sotto di quella ambientale.
Anche i metamateriali costituiscono superfici che richiedono sofisticate tecniche di fabbricazione, ma permettono un’ampia manipolazione delle loro proprietà di assorbimento e riflessione tali da garantire anche in questo caso temperature fino a 9-12°C al di sotto di quelle ambientale.
I DRC con particelle distribuite, invece, sono costituiti tipicamente da due strati: uno polimerico più superficiale, contenente particelle come microsfere in biossido di silicio (SiO2), che conferisce al sistema l’elevata emissività nell’infrarosso, e un layer inferiore, di solito in alluminio, responsabile dell’elevata riflettanza. Quest’ultima tipologia di DRC è molto promettente per applicazioni urbane, grazie alla sua convenienza economica, sostenibilità e quindi potenziale scalabilità tecnico-economica.
Tra le categorie più singolari di DRC, troviamo infine i materiali biomimetici, adattivi e colorati. I primi sono ispirati a fenomeni ed esseri viventi che già applicano questi principi in natura: alcuni animali infatti utilizzano strutture fotoniche per mimetizzarsi e regolare la temperatura e la materia organica spesso mostra un’elevata emissività termica, come per esempio alcune farfalle tipiche dei climi caldi ed aridi, che implementano DRC nelle loro ali. Ecco come alcuni studi hanno esaminato l’uso di materiali come la seta e la cellulosa per sviluppare materiali DRC. I materiali termo-adattivi, invece, hanno la capacità di regolare la quantità di calore irradiata a seconda della temperatura dell’ambiente circostante, mentre quelli colorati sfruttano i pigmenti in essi inglobati per attivare il raffrescamento radiativo. Quest’ultima tipologia di DRC ha il vantaggio di fornire una soluzione esteticamente e visivamente gradevole per il raffreddamento degli edifici, riducendo al contempo il consumo energetico degli stessi.
In questo contesto, il progetto HELIOS, finanziato dallo European Research Council (ERC), si propone di sviluppare una nuova generazione di finiture per superfici urbane volta alla mitigazione del fenomeno dell’isola di calore, attraverso appunto il raffreddamento radiativo che sia però anche adattivo e fotoluminescente. Lo scopo ultimo del progetto è infatti quello di realizzare sperimentalmente e modellisticamente una pelle innovativa capace di combinare e ottimizzare sia il processo di raffreddamento radiativo nella banda di lunghezze d’onda della finestra atmosferica più ampia, sia quello di riflessione solare tra i 0.25 e i 2.8 μm, attraverso l’utilizzo di materiali fotoluminescenti [1], con particolare interesse nei confronti delle perovskiti senza piombo. Inoltre, l’implementazione di materiali sensibili al cambiamento di temperatura (ad esempio, ossidi a cambiamento di fase) e la finitura fotoluminescente ad albedo adattivo porteranno ad avere un sistema in grado di modificare le prestazioni di elevato raffreddamento radiativo in maniera efficiente, così da minimizzare le penalità intrinseche che questa soluzione può portare durante i mesi invernali o in climi freddi, ed avere allo stesso tempo una superficie del colore più adatto allo specifico tipo di applicazione finale.
Per raggiungere questo obiettivo, la pelle adattiva di HELIOS sarà integrata all’interno di matrici in grado di modificare le loro proprietà ottiche in funzione della temperatura ambientale. Questi supporti includeranno ossidi a cambiamento di fase, polimeri porosi, leghe a memoria di forma termoplastiche, calcogenuri e ossidi di perovskite, che saranno in grado di sintonizzare reversibilmente l’emissività termica all’interno della finestra atmosferica, generando un corpo nero durante le condizioni estive e un corpo grigio durante le condizioni invernali.
Questa tecnologia innovativa mira ad ottenere l’integrazione sostenibile di dissipatori radiativi dinamici diurni nell’ambiente urbano costruito, compresi tetti e involucri degli edifici e, potenzialmente, anche pavimentazioni urbane. Con la capacità di mantenere temperature più basse in condizioni di calore intenso e di adattarsi alle condizioni climatiche, questa tecnologia è destinata a rivoluzionare il modo in cui affrontiamo le soluzioni sostenibili. Ecco perché lo stesso progetto finanziato all’Università di Perugia prevede la realizzazione di modelli anche analitici a varie scale, da quella del materiale a quella dell’edificio, del canyon urbano e della città, proprio per valutare anche il potenziale impatto che questa soluzione potrebbe garantire per la risoluzione delle isole di calore urbane documentate in più di 300 ambienti urbani nel mondo.
di Claudia Fabiani, Chiara Chiatti, Anna Laura Pisello – Dipartimento di Ingegneria, Università degli studi di Perugia
[1] Chiara Chiatti, Claudia Fabiani, Roberto Bondi, Giulia Zampini, Loredana Latterini, Anna Laura Pisello, Controlled combination of phosphorescent and fluorescent materials to exploit energy-saving potential in the built environment, Energy, Volume 275, 2023, 127333, ISSN 0360-5442, https://doi.org/10.1016/j.energy.2023.127333.