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Cresce la quota di europei che non riesce a mantenere la casa calda

La quota è aumentata di 2,4 punti percentuali rispetto l'anno precedente. Le situazioni peggiori? In Bulgaria, Cipro e Grecia

mantenere la casa calda
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La qualità della vita europea nei dati Eurostat

(Rinnovabili.it) – Per qualcuno l’inverno può essere un vero incubo, soprattutto se non si ha la possibilità di mantenere la casa calda e assicurare di conseguenza una buona qualità di vita. Un problema che in Europa tocca ben il 9,3 per cento della popolazione. Più di 41 milioni di persone.

Dipende dalla povertà energetica? Sì, ma non solo. Se da un lato è innegabile che nel 2022 con lo scoppio della crisi energetica sia aumentata la difficoltà per alcune  famiglie o individui di acquistare un paniere minimo di beni e servizi, dall’altro vanno presi in considerazione anche altri fattori. Sulla capacità di riscaldare adeguatamente le abitazioni incidono, infatti, anche le condizioni stesse dell’edificio e le temperature esterne.

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Chi non riesce a mantenere la casa calda?

Quello che è certo è che, dopo un trend positivo che dal 2012 al 2019 aveva portato la quota ad un minimo del 6.9 per cento, i valori sono tornati a crescere. Secondo gli ultimi dati Eurostat, l’ufficio statistico della Commissione Europea, nel 2022, il 9,3 per cento della popolazione dell’UE ha dichiarato di non essere in grado di mantenere la propria casa calda la propria casa. Ben 2,4 punti percentuali in più sul dato del 2021. Il valore è ovviamente una media e se si guarda nel dettaglio dei singoli Stati Membri la situazione varia parecchio.

La fetta più elevata si riscontra in Bulgaria: qui ben il 22,5 per cento della popolazione ne è riuscito a riscaldare adeguatamente la casa lo scorso anno. Seguono Cipro (19,2%), Grecia (18,7%), Lituania e Portogallo (entrambi 17,5%), Spagna (17,1%) e Romania ( 15,2%). Non va troppo bene neppure l’Italia che nonostante il clima invernale decisamente mite, ha lasciato al freddo l‘8,8 per cento dei suo abitanti. 

Al contrario, Finlandia (1,4%), Lussemburgo (2,1%), Slovenia (2,6%), Austria (2,7%), Repubblica Ceca (2,9%), Svezia (3,3%) ed Estonia (3,4%) hanno riportato le quote più basse.

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