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La decarbonizzazione dei riscaldamenti italiani è ancora in alto mare

In Italia sono 17,5 milioni le abitazioni riscaldate con gas metano, mentre le biomasse si "accendono" in 3,6 milioni di case. Seguono riscaldamento elettrico, gasolio e GPL. Legambiente e Kyoto Club: “Stop incentivi alle caldaie a gas"

decarbonizzazione dei riscaldamenti italiani
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Lo studio sulla decarbonizzazione dei riscaldamenti italiani realizzato da Elemens

(Rinnovabili.it) – La decarbonizzazione dei riscaldamenti italiani è ancora in alto mare. Nonostante la diffusione di tecnologie ecologiche sempre più economiche, scaldare abitazioni e posti di lavoro rimane perlopiù un compito dei combustibili fossili. A dimostrarlo sono i numeri del nuovo studio di Elemens, condotto per conto di Legambiente e Kyoto Club. Il documento indaga lo stato del riscaldamento domestico nazionale e il suo apporto emissivo. Ma non manca di evidenziare priorità di intervento e soluzioni per accelerare la trasformazione del settore.

Oggi in Italia il gas è il principale vettore energetico del riscaldamento residenziale, arrivando a coprire fino al 50% dei consumi nazionali in questo segmento energetico. Secondo posto per le biomasse solide, principalmente legna e cippato, che rappresentano il 28% del totale. Il resto delle fonti ha quote decisamente inferiori. I prodotti petroliferi, utilizzati ad esempio dalle caldaie a gasolio, si fermano all’8%; segue la cogenerazione con un 5% e lo striminzito 1% rappresentato da pompe di calore, riscaldamento elettrico (boiler) e solare termico sommati assieme. Il quadro complessivo dà una chiara idea di quanto il comparto influisca sia a livello di emissioni inquinanti che di quelle climalteranti.

I riscaldamenti italiani sono responsabili di oltre il 17,7% della CO2 emessa dal Paese (dati di Ispra). La situazione non migliora guardando il contributo allo smog: nel 2018 il settore residenziale ha emesso il 64% della quantità totali di PM2,5 rilasciate, il 53% del PM10 e il 60% del CO. Eppure, alternative più ecologiche esistono e sono già sono altamente competitive. Perchè allora la decarbonizzazione dei riscaldamenti italiani stenta a decollare? Parte del motivo è da ricercare del trattamento di favore riservato alle fossili. Non è un mistero che il settore energetico benefici di importanti sussidi “ambientalmente dannosi”.

Tre, nello specifico, quelli che interessano il riscaldamento residenziale:

  • l’ecobonus (recentemente potenziato con l’aliquota del 110%) che, accanto a strumenti più verdi, incentiva anche soluzioni come le caldaie a condensazione;
  • le agevolazioni per l’acquisto di gasolio e GPL per il riscaldamento nelle aree non metanizzate (zone montane, Sardegna e isole minori);
  • l’aliquota IVA al 10% destinata ai consumi ad uso civile per il riscaldamento degli edifici, applicata limitatamente ai primi 480 metri cubi di gas consumato nell’anno.

“Lo studio presentato oggi affronta un tema di grande attualità come quello della decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento residenziali, in un Paese impegnato in questa direzione e con rilevanti problemi di inquinamento atmosferico – dichiarano il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini, e il direttore scientifico di Kyoto Club, Gianni Silvestrini. – I dati evidenziano le contraddizioni di sussidi e incentivi in vigore che continuano a finanziare impianti alimentati da fonti fossili, nel momento in cui sono disponibili tecnologie a emissioni zero. Le proposte che presentiamo tracciano una road map per spingere efficienza e innovazione, cancellando da subito il superbonus per le caldaie a gas e fissando al 2025 la data per eliminare i sussidi al consumo di gas e vietare l’installazione di impianti che utilizzano fonti fossili nei nuovi edifici, sulla scia di quanto già fatto in diversi Paesi e città raccontati nel rapporto”.